9 gennaio 2008
Padre Carlo Torriani, mio confratello da quarant’anni a Mumbai in India, è in vacanza in Italia e mi dice: «Ci sono tante differenze tra Italia e India, ma quella che mi colpisce sempre tornando nel mio paese è questa: voi italiani vivete in una cultura secolarizzata , dove Dio non è presente nella vita di tutti i giorni, nei giornali ad esempio, alla televisione. In India i due principali quotidiani in inglese, «The Times of India» e «The Hindu», hanno ogni giorno un articolo su un tema religioso, non per notizie di attualità, ma per dare contenuti religiosi. Gli autori appartengono a varie religioni, a volte parlano di qualche divinità o santo dell’induismo o di feste religiose o di regole morali dell’induismo, a volte spiegano le feste cristiane, personaggi religiosi anche cristiani conosciuti in India.
In Italia nulla di tutto questo. Se vai in un ristorante in India, in un supermercato o in un luogo pubblico, c’è l’altarino del dio a cui quel luogo è consacrato; in Italia questo non esiste. Le banche hanno il loro altarino a Lakshmi, la dea della ricchezza, dell’abbondanza. Nei discorsi comuni che si fanno in India, anche fra persone istruite e ricche, il riferimento a qualche dio dell’induismo è comune, naturale. In India non ci sono associazioni di atei dichiarati, in Italia pare che dichiarare di non credere in Dio sia una moda abbastanza frequente nel mondo intellettuale e artistico».
A proposito di atei, il teologo Karl Rahner ha scritto che «il vero ateo non esiste. Tutti credono in un dio, tutti pregano specie quando sono i nnecessità». Come si spiega questo «secolarismo» o «ateismo pratico» nella vita quotidiana, in un paese di battezzati come l’Italia?
Saluto gli amici lettori del mio blog, perché domani, 10 gennaio, parto da Milano per l’Arabia e poi il Bangladesh, in visita ai missionari del Pime e alle missionarie dell’Immacolata. Quando leggerete questo mio blog sarò forse già in volo verso Dubai e poi Dacca, la capitale del Bangladesh. Ci vado per finire il volume che ho scritto sulla storia del Pime in Bengala – Bangladesh (dal 1855 ad oggi) che sarà stampato dalla Emi, se Dio vorrà, nell’estate prossima. Tornerò a Milano all’inizio di febbraio. Quindi fino ad allora non potrò più scrivere sul blog. Una preghiera per me.
Grazie, vostro padre Piero Gheddo.