Sabato scorso, 25 aprile, nel telegiornale delle ore 20 su Rai Uno hanno trasmesso otto o nove brevi interviste a giovani italiani, dai 18 ai 25 anni. La domanda era questa: “Perché oggi in Italia si fa festa? Come si chiama questa festa?”. Nessuno ha risposto in modo preciso ed esauriente. Alcuni dicevano: “E’ la festa della liberazione”, ma alla domanda “Liberazione da che cosa?” nessuno sapeva andare oltre. Rispondevano: “Non so…” o qualcosa di equivalente come “Boh…”. Uno finalmente ha detto: “E’ caduto il regime fascista” ma non sapeva precisare come o perchè. Un altro: “Oggi non si va a scuola, a me basta questo”. L’intervistatrice insisteva e chiedeva: “In che anno è avvenuta questa liberazione?”. Anche qui vuoto assoluto. Due ragazze hanno risposto: “Nel 1944” una, ma l’altra subito dopo: “No, nel 1946”! Nessuna delle due e nemmeno nessun altro ha centrato, sia pure per caso, l’anno giusto 1945!
Spettacolo desolante e deprimente. Cosa hanno in testa e nel cuore i giovani italiani del nostro tempo? Come si può sperare di costruire un futuro democratico e pieno di ideali e di impegno civile per la nostra Italia, se i giovani sono in questo abisso di ignoranza, in questo sottozero culturale e patriottico? Noi anziani sopra i settant’anni giustamente ci appassioniamo, con il Presidente Napolitano e il Premier Berlusconi, di pacificare gli italiani della nostra età, ancora divisi (65 anni dopo!) da due diverse letture di quel tragico periodo della nostra storia, da cui è nata l’Italia attuale e la sua Costituzione. E poi scopriamo che molti giovani italiani non sanno nulla, non gli interessa sapere nulla, hanno ben altro in testa: divertimento, successo, salute, bellezza, carriera, soldi, apparenza, fama, vita facile con poco sforzo, ecc. Questi, in genere, appaiono gli ideali di vita di non pochi italiani e italiane delle generazioni più giovani. E non è tutta colpa loro!
E’ un segno macroscopico di quanto è disastroso il fallimento della società che abbiamo costruito noi adulti e noi anziani, con lo sfascio dei matrimoni (in continuo aumento i divorzi e le separazioni), delle famiglie e della scuola, il prevalere dei diritti sui doveri (l’aborto è un diritto della donna: e il diritto del bambino che viene ucciso?). La televisione ormai, in assenza d’altro, è il principale soggetto educativo delle nuove generazioni e fra i primi responsabili, credo, della decadenza morale e intellettuale di cui siamo spettatori impotenti. Come fa infatti ad educare se insegue solo o quasi un sempre maggior guadagno economico? La soluzione. Per noi credenti non c’è dubbio: ritornare a Cristo e al suo Vangelo. Ma questo non si può dire perchè la fede è un fatto privato, personale, giornali e televisione non ne parlano mai, in scuole e università è argomento tabù.
Piero Gheddo
Caro padre Piero, che argomento difficile!
Sono mamma di due gemelli ( maschio e femmina ) di 12 anni ed ho paura di quello che mi riserverà il futuro. Da mamma , insieme al papà, cerco di insegnare ai miei figli i valori della vita. Cerco di trasmettergli le mie esperienze ma mi rendo conto che vengono recepite come cose che avvenivano secoli fa ! insomma in fondo ho solo 43 anni !!!!!!!!!! Eppure quando racconto loro della mia vita alla loro eta’ , mi guardano sbalorditi , non riescono a capire come potevo sopravvivere senza DS, PLAY STATION, CELLULARE e BICICLETTA ULTIMO MODELLO ! noi critichiamo i giovani di oggi ma in fondo siamo stati proprio noi a trasformare la nostra società in una società consumistica, legata solamente all’esteriorità.
Vestiti firmati, cellulari, motorini, videogiochi e chi ne ha piu’ ne metta sono le sole cose che interessano ai giovani di oggi. In cosa abbiamo sbagliato ? Da genitore riusciro’ aad educarli a condurre una vita basata sui valori e non sulla ricchezza ? Ci aiuti padre !
Buona giornata
Cristina
Riprendo l’ultimo pezzo del blog: “Ma questo non si può dire perchè la fede è un fatto privato, personale, giornali e televisione non ne parlano mai, in scuole e università è argomento tabù.”
Ieri il mio parroco (benedetto il giorno in cui è arrivato!) ci diceva che la fede non è una faccenda privata e personale, si vive nella Chiesa, in una comunità.
Ha ragione. la comunità si scambia le idee, si confronta, si arricchisce, è scuola per i giovani.
Essi guardano più al nostro modo di vivere che alle nostre parole.
No, i nostri giovani non sono tutti così stupidi; i nostri “responsabili” sia civili che religiosi, e a volte anche noi stessi quante volte cerchiamo per primi i successi? Per primi l’arricchirci, per primi insegnamo che avere è meglio che essere?
Viviamo nell’immediato oggi, il tutto e subito, possibilmente senza fatica.
cosa fare?
E se incominciassimo a far vedere che non abbiamo bisogno dell’ultimo modello della BMW? …. e roba simile? E’ proprio necessario tutto lo sport che i bambini fanno? E’ proprio necessario correre dalla piscina alla palestra, alla scuola di ballo?
Vi racconto un aneddoto che mi è capitato:
Quando ho chiesto ai bambini della prima comunione di frequentare almeno per un mese la S. Messa domenicale (alcuni vengono, ma il 50% sta a casa), un papà mi ha risposto che gli avevo rovinato il week end facendo il catechismo di sabato, ora volevo rovinargli anche la domenica con la S. Messa? E come faceva a portare a equitazione la bambina? E i nonni che non la vedono tutta la settimana hanno diritto a vederla la domenica.
Quindi la messa è un peso, il catechismo è un obbligo, la fede è una zavorra.
Forse c’è qualche cosa da cambiare anche in noi, nel modo di intendere Dio.
Cristina non ha sbagliato nulla, è una ottima mamma e una ottima catechista, i suoi figli sono figli di questo tempo, so per certo che sanno interiorizzare i veri valori.
ciao
riccarda