Il 25 aprile ricorre il 35° anniversario della conquista del Vietnam dal Sud da parte dei nord-vietnamiti e dei vietcong. Sono a Roma per scrivere la biografia di padre Augusto Colombo, apostolo dei paria in India (1952- 2009) che ha costruito, fra l’altro, le prime due Università per i fuori casta nella diocesi di Warangal (Andhra Pradesh). Nella primavera del 1975, padre Augusto, in compagnia del confratello padre Luigi Delissandri, tornando per vacanza in Italia riesce a realizzare uno dei sogni della sua vita, visitare le missioni in Asia e in altri continenti; e passa da Saigon proprio mentre il Vietnam del Sud stava crollando. In Archivio trovo due sue lettere a me indirizzate, che raccontano brevemente questa avventura.
Giunti a Saigon il 20 aprile 1975, con i vietcong e nord-vietnamiti alle porte della città, nella grande confusione di quei giorni visitano la capitale del Vietnam del sud e alcuni campi profughi: “La faccia bianca e il passaporto italiano sono un automatico lasciapassare”. Si spingono fino a 40 chilometri a nord sulla “Strada numero uno”, che da Saigon porta a Danang, Hué e Hanoi. Padre Augusto scrive:
“Visitiamo un campo profughi, un accampamento di poverissima gente priva di tutto. Pur percorrendolo in auto, non riusciamo a visitarlo tutto. Ci dicono che Saigon è circondata da campi come questo. Centinaia di migliaia di famiglie fuggite davanti alla rapida avanzata dei nord-vietnamiti. Inoltrandoci in questo campo stiamo entrando in un mare di sofferenze: saranno dieci o più chilometri quadrati di miseria. Eppure al nostro passaggio non ci sono grida, invocazioni di aiuto. C’è una dignità silenziosa che impressiona.
“Mi dicono che questo campo ha 50.000 profughi, ma certo nessuno li ha contati e poi ne arrivano continuamente di nuovi. A quanto mi pare di capire, attorno a Saigon ci sono almeno un milione di profughi dalle regioni del nord e del centro Vietnam…. In grande maggioranza sono donne, vecchi e bambini, poichè di uomini se ne vedono pochissimi. Migliaia di famiglie accampate sulla nuda terra, sotto tettucci di paglia, di rami, di tela, di fogli di plastica. Hanno accanto i loro averi con cui sono fuggiti: un sacco di roba, una bicicletta, un motorino, qualche vestito, pentole, valigie, un maialino, galline qua e là. Fanno una pena immensa.
“Quelli con i quali riusciamo ad intenderci, in francese o in inglese, ci dicono che sono scappati per non vivere nelle zone conquistate dai comunisti, ma ormai i comunisti sono a pochi chilometri e fra qualche giorno credo prenderanno anche questo campo.
“Alla fine del nostro viaggio troviamo un capannone che è diventato una chiesa. Oggi è domenica e c’è un prete che celebra la Messa. Anche qui tutto è assurdo: i canti ben fatti, la pulizia dell’altare, le centinaia di Comunioni distribuite, un nugolo di ragazzini che servono la Messa, tutti ben allineati al fianco e attorno al tavolo diventato altare; e poi la gente che si inginocchia per terra e non si distrae né per i rombi dei cannoni, né per i sibili dei reattori che passano bassi sulle nostre teste. Ci fermiamo anche noi in preghiera assieme a questa fila dolente di fratelli nella fede con una fede profonda. Non riusciamo poi a parlare con il prete vietnamita, che va subito in un’altra parte del campo per un’altra Messa.
“Quando a sera torniamo a Saigon, ci avvertono che durante la giornata i nord-vietnamiti hanno bombardato il campo d’aviazione e non si sa se domani il nostro aereo potrà partire! Rimanere in trappola a Saigon spiacerebbe davvero!”.
Giunto ad Hong Kong il 23 aprile, padre Colombo mi scrive un’altra lettera nella quale si legge: “E’ stato un viaggio avventuroso. Partendo da Saigon, il cannone tuonava vicinissimo, tremavano tutte le finestre dell’aeroporto e si vedevano incendi a poca distanza! Ti assicuro che quando l’aereo, dopo molto ritardo, si è levato in volo, ho pregato con tanto fervore, come raramente avevo fatto in vita mia. Giunti ad Hong Kong, abbiamo saputo dalla televisione che i voli passeggeri fra Saigon e Hong Kong e viceversa sono sospesi da oggi! Siamo partiti con uno degli ultimissimi voli. Il Signore ci ha veramente protetti!”.
Un ricordo di quei giorni tragici per i vietnamiti e soprattutto per i cattolici del Vietnam del sud, poiché al nord erano già sotto regime comunista dal 1953. E’ l’inizio della persecuzione che dura tuttora e della fuga, nei mesi e anni seguenti, di circa due milioni di “boat people”, 3.200 dei quali accolti in Italia dalle tre navi della Marina militare mandate nel 1978 dal Governo Andreotti, proprio per raccogliere quei profughi su imbarcazioni precarie, al largo delle coste vietnamite.
Piero Gheddo