Come rispondere alle sfide di Gheddafi

 

     Il 31 agosto scorso i giornali italiani portavano in prima pagina la provocazione di Muhammar Gheddafi, ospite del governo italiano per il II° anniversario della firma del Trattato di pace e di collaborazione fra i due paesi. Il capo libico, come tutte le volte che visita un altro paese (persino all’Assemblea generale dell’ONU lo scorso anno), anche questa volta ha lanciato la sua sfida. Prima ha tenuto una lezione sull’islam alle 500 hostess espressamente reclutate da un’agenzia e le ha invitate a convertirsi all’islam, affermando che “in Libia la donna è più libera che in Occidente”; poi ha detto chiaramente che l’Europa è destinata a diventare islamica.

    Giornali e televisioni hanno ridotto l’avvenimento ad un caso politico, accusando il governo e il presidente Berlusconi di aver permesso al capo beduino di approfittare della nostra ospitalità per insultare il popolo e la nazione italiana. Giusto, ma a questo modo si continua a strumentalizzare tutto a fini politici italiani, mentre, come ha detto ad “Avvenire”  l’islamologo gesuita egiziano Samir Khalil Samir: “Si tratta di una previsione non certo campata in aria e starei attento a liquidarla come una boutade di poco conto”. La demografia e la convinzione religiosa dei popoli testimoniano contro di noi italiani ed europei.

      Personalmente penso che fra i capi dei paesi islamici Gheddafi non è certo il peggiore perché nel suo paese, certo da dittatore (quale  paese islamico si può definire democratico?), sta facendo cose buone: ha smesso di finanziare il terrorismo, tiene a freno l’islam estremista che ha in casa sua, ha mandato le ragazze all’università e le bambine a scuola, ha aperto le vie per il lavoro femminile, usa il petrolio per fare strade, case, ospedali, estrarre l’acqua dal deserto (tirata su da 800-1000 metri!) e canalizzarla  con acquedotti sotterranei per irrigare il nord Libia, ecc.

     Certo è uno sbruffone che viene a dirci di convertirci all’islam, dovunque va dorme sotto una tenda e tante altre trovate (o pagliacciate) folcloristiche; ma non mi pare che questo teatrino di Gheddafi debba impedirci di stringere accordi vantaggi con la Libia, da dove viene circa il 30% della nostra energia elettrica. Per rompere i rapporti con Gheddafi bisognerebbe prima conoscere chi può assicurarci, a prezzi migliori,  questa forza motrice che ci permette di andare in auto e accendere la luce nelle nostre case.

    Nessun giornale invece (eccetto “Avvenire”) ha preso in considerazione seriamente  come si può rispondere a questa sfida dell’islam, che prima o poi conquisterà la maggioranza in Europa. La sfida va presa sul serio. Certamente da un punto di vista demografico, perché ormai è chiaro a tutti che gli italiani diminuiscono di circa 120-130.000 persone all’anno a causa degli aborti e delle famiglie disastrate; mentre fra i più di 200.000 immigrati legali l’anno in Italia più della metà sono musulmani e le famiglie islamiche hanno un tasso di crescita molto più alto di quello delle nostre famiglie! Di questo sui giornali e nei talk shaw televisivi non si parla mai.

     Ma la risposta va data anzitutto in campo religioso, culturale, identitario. Nel nostro paese (e nell’Europa cristiana)  diminuisce la pratica religiosa e dilaga l’indifferentismo; il cristianesimo e la Chiesa vengono osteggiati. Quando c’è qualche notizia negativa sulla Chiesa ci sono giornali che la pubblicano con risalto, a volte anche con accenti di giubilo. La Costituzione europea rischiava di essere approvata pur non nominando le “radici cristiane” della nostra cultura e del nostro sviluppo. Il fatto è che, come popolo, diventiamo sempre più pagani e il vuoto religioso viene  inevitabilmente riempito da altre proposte e forze religiose. Se ci consideriamo un paese cristiano, dovremmo ritornare alla pratica della vita cristiana, che risolverebbe anche il problema delle culle vuote.

     Per concludere, la sfida di Gheddafi parte da una visione dell’Europa che hanno i popoli islamici e ripetono spesso i loro giornali. Nel 2004 ho visitato la Malesia e l’arcivescovo della capitale Kuala Lumpur mi mostrava l’editoriale del massimo quotidiano locale in inglese (“The Star – The People’s Paper”) che diceva: “L’Occidente cristiano è ricco, benestante, istruito, democratico, militarmente potente, ma vuoto di ideali e di figli perchè senza Dio. L’islam ha un compito storico: riportare l’Europa a Dio”.  Perché di una risposta a questa provocazione, molto diffusa tra i popoli islamici (e che la cultura locale proclama a piena voce) non si parla, non si discute mai?

 

                                                                                                 Piero Gheddo