La Domenica del cieco nato, che acquista la vista per la fede in Cristo. (IV Quaresima anno A, Giov. 9, 1-41). La gioia di quell’uomo che improvvisamente ci vede, salta, grida, corre, mostra a tutti che ci vede. Con questo miracolo Gesù vuol dimostrare quanto dice all’inizio di questo Vangelo: “Io sono la luce del mondo”. Da un lato abbiamo un poveraccio che era cieco dalla nascita e ora ci vede la per fede in Cristo, dall’alto i farisei che chiudono gli occhi per non vedere e il loro peccato li rende ciechi.
Il cieco nato non solo acquista la vista fisica, corporale, ma anche la fede, cioè la luce spirituale che dà capacità di vedere le vicende umane con gli occhi di Dio. Noi ci vediamo con gli occhi, ma la nostra fede è così forte e sicura da darci la serenità dello spirito, l’ottimismo della vita, la speranza del futuro? Oppure siamo pessimisti, tristi, ci lamentiamo spesso, non riusciamo a vivere con gioia perché la nostra fede è troppo debole oppure rifiutiamo Gesù che è la luce del mondo?
Lasciatemi raccontare una parabola moderna, Nel Natale 1964 ero andato in India come giornalista con Paolo VI a Bombay per il Congresso Eucaristico internazionale. Poi ho visitato i missionari del Pime in India e nel Bengala. Nello stato di Andhra Pradesh, poco prima di Natale sono andato con l’amico padre Augusto Colombo, allora parroco di Khammam, a battezzare un intero villaggio di patria, di fuori casta, Beddipally. E’ stato il mio primo “battesimo di massa”: 190 catecumen da battezzare (62 li ho battezzati io). Una giornata emozionante, piena di gioia e di festa, con canti, danze, musiche, giochi, festoni di carta colorata fra le capanne. Visitando con padre Augusto il villaggio poverissimo, tutto di capanne di fango e paglia, pensavo: questa gente è veramente povera, misera. Eppure c’era un’aria di festa, una gioia toccante i grandi e piccini: avevano incontrato e accettato Gesù che cambiava la loro vita, dava loro la fede e una visione di fede della situazione in cui vivevano.
Poi c’è stato il grande pranzo preparato dalla missione, con riso, salsa piccante e carne di bufalo, di vacche e di maiali, erbe di foresta e acqua fresca da bere. Dopo pranzo, padre Augusto mi porta in giro. Arriviamo ad un’alta siepe di rami spinosi e il padre mi dice: “Ci sono due Beddipally. Questo che abbiamo battezzato è il villaggio paria, diviso dal villaggio di casta dove ci sono la scuola, il tempio indù, i negozi, l’autorità statale, il dispensario medico, la polizia. I nostri paria non hanno nulla e non possono entrare nel villaggio di casta”. Ho chiesto: perché i paria non protestano con le autorità, non fanno qualche manifestazione? Augusto mi dice: “Il paria nasce paria e sa che morirà paria. E’ il suo destino, il suo karma, non ha ancora coscienza che questa situazione di oppressione può e deve essere cambiata. Noi predichiamo Gesù Cristo e il Vangelo perchè siamo convinti che portano una rivoluzione sociale senza violenza alcuna, ma instillando nelle menti e nei cuori il principio della dignità di ogni essere umano e dell’uguaglianza di tutti gli uomini di fronte a Dio e a poco a poco tutto cambierà”.
Sono tornato in quello stato dell’India 46 anni dopo, nel 2005. La missione ha elevato la situazione sociale dei paria con la scuola, l’assistenza sanitaria, molte iniziative di promozione umana, ci sono addirittura due università cattoliche per i paria, che non riuscivano ad entrare in quelle statali. Ma è nata anche la Chiesa, una bella comunità cattolica, con vescovi, preti suore, bravi cristiani che diventano missionari e oggi sono perseguitati dagli estremisti indù proprio per il motivo che le Chiese cristiane (cattolici e protestanti) hanno redento i fuori casta dalla schiavitù.
Cari sorelle e fratelli, due riflessioni:
1) Il Vangelo ci invita a chiederci: cosa conta la mia fede in Cristo? Mi cambia la vita, mi dà serenità e gioia di vivere, pur nelle inevitabili prove e sofferenze, o no? Se la fede non mi cambia e non mi migliora a poco a poco la vita, a cosa serve? La Quaresima è il tempo della conversione a Cristo, nel senso di diventare sempre più simili a Lui, un cammino che dura tutta la vita e non è mai finito. Se siamo in cammino con buona volontà, preghiera, capacità di rinunzia e di mortificazione (digiuno ad esempio), allora possiamo dire col cieco nato: “Gesù mi ha guarito, mi ha ridato la luce, mi ha aperto gli occhi” ed essere anche noi pieni di gioia.
2) Nel Vangelo c’è un altro atteggiamento: il rifiuto diretto di Gesù da parte dei farisei, che interrogano il cieco nato e in tutti i modi cercano un pretesto per rifiutare la luce. A loro si applica quel che ha detto Gesù nel Vangelo: “Io sono venuto per un giudizio, affinchè quelli che non vedono incomincino a vedere e quelli che vedono diventino ciechi”.
Care sorelle e cari fratelli, terribile il giudizio di Gesù: chi lo rifiuta crede ancora di vedere, ma è diventato cieco. Il mistero del male nel mondo. La condanna di Gesù alla morte in croce, com’è stata possibile? Ma tanti altri mali nel mondo in cui viviamo, dei quali ci lamentiamo: la guerra, l’ingiustizia, le violenze, la menzogna cosciente, ecc. Di fronte a tanti mali noi spesso ci assumiamo il ruolo di accusatori e di giudici: a morte chi sequestra le persone, all’ergastolo chi vende e commercia la droga, e via dicendo.
Ma San Paolo dice: “Tu sei inescusabile, o uomo che giudichi gli altri, perchè condanni te stesso: infatti, tu che giudichi gli altri, fai le stesse cose. Pensi in tal modo di sfuggire al giudizio di Dio?” (Rom 2, 1-3). Ma io dico: non ho mai ucciso nessuno, mai venduto droga, mai rubato milioni e miliardi! Certo, non sarei nemmeno capace di fare tutto questo! Anche volendolo non sarei capace! Vi ricordate di quanto dice il Profeta Natal al re Davide: “Tu sei quell’uomo!”. Oggi forse potrebbe dirmo anche a me.
Ma nel mio piccolo, la luce di Cristo deve illuminare la mia coscienza e farmi vedere con chiarezza i miei peccati. Il male nel mondo non sono solo i grandi peccati e i peccatori giudicati dai tribunali umani e dalla storia, ma anche le piccole e volontarie trasgressioni della volontà di Dio a cui forse ci abituiamo a poco a poco e non ci pensiamo più nemmeno: le impurità, le invidie, le vendette, gli egoismi quotidiani, l’idolo del denaro e l’avarizia, il chiudere il cuore alle necessità degli altri, il pensar male e giudicare il prossimo…..
Chiediamo a Gesù di darci la luce e illuminarci la via che ci conduce a Lui.
Piero Gheddo