Il Beato Paolo Manna, profeta delle missioni

      

    Dieci anni fa, il 4 novembre 2011, Giovanni Paolo II proclamava Beato il missionario del Pime padre Paolo Manna, che nel 1916 aveva fondato l’Unione Missionaria del Clero, oggi Opera Pontificia. Nel discorso ai pellegrini venuti a Roma per la beatificazione il Papa diceva: “Con la sua esistenza completamente spesa a favore della causa missionaria,  (il Beato Paolo Manna) fu un autentico precursore delle intuizioni e delle indicazioni del Concilio Ecumenico Vaticano II”.

    Perché è importante ricordare e studiare questo Beato? Perché richiama ancor oggi il principio che ha orientato il Concilio Vaticano II: la Chiesa è fatta per evangelizzare l’umanità. Paolo VI  ha scritto che scopo del Concilio è stato di “rendere la Chiesa del XX secolo sempre più idonea ad annunziare il Vangelo all’umanità” (Evangelii Nuntiandi 2). Il beato Paolo Manna era convinto che l’evangelizzazione del mondo dipende in gran parte dai sacerdoti: “Se i preti sono missionari, il popolo cristiano lo sarà egualmente; se i preti non vivono la passione di portare Cristo a tutti gli uomini, anche il mondo cristiano non potrà fare miracoli”. Il tono è il suo, appassionato, un po’ eccessivo nelle affermazioni, ma sincero, diretto, esprime con forza quel che vuol dire.

     Nel testo inedito “Il cammino di un’idea” il beato padre Manna scrive: “Il mondo l’hanno convertito i sacerdoti, che per questo furono creati…. Se diamo uno sguardo al mondo, dobbiamo dire che tutto quanto vi ha in esso di grande, di nobile, di santo, è ispirazione del Vangelo e realizzazione di sacerdoti. Non c’è elemento per cui il mondo è diventato cristiano e civile, che non faccia capo all’opera dei sacerdoti di Gesù Cristo. Se il mondo è per tanta parte buono e santo, è perchè così lo hanno fatto i sacerdoti; e se non è migliore e più santo, è ancora dove e quando l’opera dei sacerdoti è stata deficiente… Quale triste spettacolo offriamo noi sacerdoti quando, sfiduciati, lamentiamo impotenti la deplorevole condizione di gran parte del mondo e dei nostri stessi paesi cristiani, quasi per piangere il fallimento del nostro ministero, il fallimento di Dio! Ma Dio non fallisce mai e non può venir meno la Chiesa; può però fallire un ministero di uomini deboli e inetti per un’opera sì soprannaturale e divina…”.

    L’Unione missionaria del clero, alla cui fondazione partecipò in modo decisivo il beato mons. Guido Maria Conforti, arcivescovo di Parma e fondatore dei missionari Saveriani, aveva lo scopo di infiammare i sacerdoti dell’amore di Cristo e poi “accendere in tutto il popolo cristiano una grande fiamma di apostolico zelo per la conversione del mondo”. E più avanti, in un articolo del 1934 su “Il Pensiero missionario”, padre Manna si lamentava perché nell’Unione missionaria si stava travisando lo spirito degli inizi, riducendo l’associazione ad uno strumento volto ad impressionare, a commuovere per far denaro: “L’opera di Dio non si muove con questi mezzi”.

    Ecco la profezia del Beato padre Paolo Manna, che da superiore generale del Pime (1924-1934) ha scritto 23 “Lettere ai missionari”, poi pubblicate nel volume “Virtù Apostoliche” (IV edizione Emi 1997, pagg. 460), che è stato definito “un vero trattato di spiritualità della missione, maturato nell’esperienza sul campo, un classico della letteratura missionaria dei tempi moderni”. A dieci anni dalla beatificazione, il beato Manna è più che mai attuale. Ancora Giovani Paolo II, nel discorso per la beatificazione di padre Manna (4 novembre 2001) ha detto: “In tutte le pagine dei suoi scritti emerge viva la persona di Gesù, centro della vita e ragion d’essere della missione. In una delle sue Lettere ai missionari egli afferma: “Il missionario di fatto non è niente se non impersona Gesù Cristo… Solo il missionario che copia fedelmente Gesù Cristo in se stesso… può riprodurne l’immagine nelle anime degli altri” (Lettera 6).

                                                                  Piero Gheddo