L’Assemblea generale del Pime

Nelle comunità del Pime, e anche in quella di Milano (Via Monterosa, 81), ci raduniamo tutti i giorni in chiesa prima di pranzo, per recitare questa bella e commovente preghiera della nostra tradizione: “Forse a quest’ora medesima i nostri fratelli lontani, dispersi fra i pericoli e le fatiche, si raccolgono in segreto a parlare con Dio. Raccogliamoci anche noi….”. Siamo lì inginocchiati davanti all’altare, dove Gesù ci aspetta nel SS. Sacramento dell’Eucarestia, e in quel momento immaginiamo che nelle foreste dell’Amazzonia e nel deserto del Sahara, nelle metropoli di Tokio, Pechino, Hong Kong, Manila, Bombay, Bangkok e San Paolo, in Bangladesh, in Cambogia, Papua Nuova Guinea, Guinea Bissau e in altre frontiere del mondo missionario, i nostri confratelli si sono riuniti a pregare e pensano a noi. Noi preghiamo per loro, ci sentiamo uniti spiritualmente e ogni giorno ricordiamo i nostri defunti del passato in quello stesso giorno. E’un appuntamento quotidiano a cui ci teniamo ad essere presenti, sicuri che “i nostri fratelli lontani, dispersi tra i pericoli e le fatiche” pregano anch’essi per noi della Casa Madre del Pime.

E’ bello appartenere ad un Istituto di missionari, come ad una famiglia, ad una diocesi. Nessuno è solo, condividiamo il nostro ideale e la stessa vita con tanti altri giovani e anziani. Nessuno è abbandonato, ti senti sempre amato, aiutato, protetto, perdonato se necessario, magari anche criticato e preso in giro (“Tu scrivi tanti libri che poi non legge nessuno”, ad esempio), ma dove c’è l‘amore fraterno queste sono punzecchiature che mantengono viva e vivace la vita comunitaria. La forza della fede e del giuramento di fedeltà all’ideale missionario, la condivisione delle fatiche e dei pericoli, hanno creato in tutti noi il senso di appartenenza alla comunità del Pontificio istituto delle missioni estere.

Ebbene, oggi il nostro caro Pime è in crisi, ma chi non è in crisi in mondo come quello attuale? Per due motivi, anzi tre: economia in rosso (Istituto e missionari viviamo di offerte e lasciti, in costante diminuzione), invecchiamento di padri e fratelli (scarseggiano le vocazioni giovanili), diminuzione dello “spirito missionario ad gentes”, cioè ai non cristiani, che è proprio il nostro carisma originario, più volte confermato dalle varie Assemblee generali ogni sei anni, dai Pontefici e dai Sinodi episcopali fino ad oggi. Questa è la crisi più grave e dolorosa, anche se comprensibile nell’atmosfera che si respira nel nostro tempo:

– Dov’è e com’è oggi la missione alle genti?

– Nei tradizionali “territori di missione” o anche in Italia? E come rinnovare la nostra formazione per poter annunziare Cristo in modo credibile ed efficace?

– Le giovani Chiese che chiedono missionari hanno le loro vocazioni. Perchè andare ad annunziare Cristo in paesi lontani, quando in Italia rischiamo di perdere la fede?

– La situazione sociale, culturale e religiosa in Italia è cambiata così tanto e rapidamente, che molto spesso i missionari reduci per anzianità o malattie gravi non si adattano più, non si sentono capaci di parlare, di comunicare le loro esperienze. Si sentono come pesci fuori dall’acqua, intristiscono.

Perché racconto tutto questo agli amici che leggono i miei Blog? Per un motivo molto semplice. Sabato scorso, 27 aprile, sono andato nel monastero delle monache di clausura Romite ambrosiane a Perego (Lecco), rispondendo al loro invito per celebrare i miei 60 anni di sacerdozio e di missione e il loro 50° anniversario di fondazione. Ho celebrato la Santa Messa con un’omelia su perché donare la vita a Gesù Cristo e seguirlo in un organismo della Chiesa è una scelta che realizza la nostra persona come meglio non si potrebbe, dà forza e gioia di vivere; al pomeriggio una conferenza sulla mia missione di missionario giornalista, storico del Pime e animatore missionario. Mi sono trovato come a casa mia perché da quasi cinquant’anni sono in contatto con i circa 530 conventi di clausure femminili in Italia, mandando loro in omaggio tutti i miei libri con lunghe lettere in cui racconto i viaggi e le riflessioni che mi capita di fare; e poi visitandone parecchi quando ho tempo e sono invitato, fino a qualche anno fa proiettavo le diapositive dei miei viaggi in missione. Adesso non ce la faccio più, ma qualche volta riesco ancora a rispondere ad alcune richieste.

Alle sorelle di Perego ho chiesto semplicemente di pregare per il Pime e la nostra Assemblea generale, che si svolgerà a Roma (5-28 maggio prossimi) con 46 partecipanti che rappresentano tutti i missionari (lavoriamo in 19 paesi dei cinque continenti). L’Assemblea generale discute anzitutto sulla situazione in cui si trovano l’Istituto e le sue missioni e indica con precisione il cammino da fare assieme nei prossimi sei anni; e poi elegge il nostro superiore generale con i suoi quattro consiglieri. Lo Spirito Santo ha appena rinnovato la Chiesa con un nuovo Papa, noi chiediamo che allo stesso modo rinnovi anche il Pime, piccolo seme di Vangelo in un mondo che ne ha tanto bisogno. E’ quello che chiedo anche ai miei affezionati lettori e grazie davvero.

Piero Gheddo

2 pensieri su “L’Assemblea generale del Pime

  1. Rev padre Gheddo, ho appena letto la storia del Pime in Birmania perchè il 24.12.1919 è morto di tifo nella sua missione di HUARY (Wahry) padre Alfredo Beroggi(1887-1919) di Acquaseria – San Siro. Ed è sepolto lì. Era arrivato a Huary il 3 dicembre e il suo sogno si spense all’inizio del suo apostolato. Ho letto il necrologio fatto da padre Noè, che lei cita nella sua storia del Pime in Birmania. Sto ricostruendo con un semplice scritto la vita di padre Beroggi perchè per il 15° anniversario della nostra associazione “Il Cerino”, il prossimo 15 e 16 giugno, vogliamo dedicare a lui questa nostra associazione di ispirazione missionaria. Domande (se vorrà cortesemente rispondermi): esiste ancora la missione ad HUARY? Io non ho trovato la località sulla mappa. Era oltre il mitico SALWENN?. Oppure c’è nella stessa località una chiesa locale ormai radicata?. Queste notizie mi permetterebbero di non scrivere inesattezze. Se questo può “spingerla” a rispondermi, vorrei dirle che ero amica di Luigina Barella, a cui, come associazione, abbiamo dedicato un piccolo progetto a Sarajevo, che sosteniamo ancora. Auguri per la vostra assemblea e grazie. Lucia Bruni

  2. Cara signora Bruni,
    rispondo volentieri alla sua lettera e la ringrazio di avermi segnalato questa iniziativa che ricorda un missionario del Pime comasco. Padre Alfredo Beroggi è morto a Hwary (o Huary) a 32 anni, come tanti altri missionari di quei tempi in Birmania. Ho visitato Huary nel 2002 proprio con padre Paolo Noè, che poi è morto anche lui a Huary il 23 marzo 2007 a 88 anni. E’ uno dei villaggi evangelizzati dai missionari del Pime che hanno un popolo quasi tutto battezzato nella diocesi di Pekong, una delle sei fondate dal Pime nella Birmania orientale (Toungoo, Kengtung, Taunggyi, Lashio, Loikaw e Pekong). E pare ne stia nascendo un’altra in quel territorio abitato dai cariani (karen) che sono, con gli akhà, la etnia più cristana della Birmania.
    Nella carta geografica non trova Huary e nemmeno Pekong. Al massimo trova Taunggyi. Ma nel mio volume “Missione Birmania” (Emi 2007) nell’inserto fotografico e nella seconda mappa dopo la pagina 32, trova la carta geografica particolareggiata delle missioni del Pime, nella quale sono segnati Huary, Pekong, Loikaw e tutte le altre missioni. Huary è ad est del fiome Sittang che passa da Toungoo e ad ovest del fiume Salween, ad oriente del quale inizia la missione (oggi diocesi) di Kengtung.
    Ricordo sempre con affetto la grande Luigina Barella, che è stata a lungo conme come redattrice di “Mondo e Missione” nel settore America Latina e l’ho mandata in diversi viaggi in quel continente. Soo stato con lei a Santo Domingo nel 1992, quando ci veniva Giovanni Paolo II e abbiamo poi fatto assieme un numero speciale della rivista dedicato a quell’incontro del Celam, il Consiglio episcopale latin-americano. Grazie ancora e Dio vi benedica tutti. Vostro padre Piero Gheddo

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