Con Francesco la missione rinnova la Chiesa

Perché portare Cristo in Asia, Africa, Oceania e America Latina, quando lo perdiamo qui in Italia? E’ la domanda che molti si fanno, alla quale non basta rispondere che ogni uomo ha diritto di conoscere il Figlio di Dio fatto uomo, Gesù Cristo, unico Salvatore dell’umanità; e che ancor oggi noi cristiani siamo 2 miliardi sui sette di tutto il genere umano. L’irrompere di Papa Francesco a capo della Chiesa cattolica, con le sconcertanti novità del suo Pontificato, rivela un’altra risposta: la missione rinnova la Chiesa. E questo non solo oggi con la “missione alle genti” specialmente in Asia e Africa, ma fin dall’inizio della Chiesa. Gli Apostoli non sono rimasti a Gerusalemme e nel mondo ebraico, ma proprio annunziando Cristo e fondando la Chiesa negli altri popoli (Gesù salendo al Cielo diceva: “Andate in tutto il mondo, annunziate il Vangelo ad ogni creatura”), hanno rinnovato la Chiesa dandole quel respiro e quella consistenza universale che ancor oggi sono lo stimolo del suo rinnovamento e l’immagine della sua giovinezza.

Nell’intervista a padre Antonio Spadaro,

Papa Francesco ha detto: la Chiesa respira con i due polmoni delle Chiese giovani e antiche. Le prime, “sviluppano una sintesi di fede, cultura e vita in divenire e quindi diversa da quella sviluppata dalle Chiese più antiche”. Però ambedue “costruiscono il futuro, le prime con la loro forza e le altre con la loro saggezza. Ci sono dei rischi, ma il futuro si costruisce insieme”. Francesco è il primo Papa che viene dalle giovani Chiese, dalle missioni dove nasce la Chiesa. Non si capisce e non si è in sintonia con il suo pontificato, se non si entra in quest’ottica. Finora le giovani Chiese avevano avuto scarsa voce nella gestione della Chiesa e della pastorale, oggi diventano, per così dire, protagoniste. Il pontificato di Francesco va proprio in questa direzione, infatti parla e scrive spesso (nella “Evangelii Gaudium” ad esempio) di una Chiesa tutta missionaria, di pastorale missionaria, di andare verso le periferie, verso gli ultimi, che la Chiesa è la casa di tutti, ecc.

Le giovani Chiese cosa possono insegnare a noi, ricchi di spiritualità, teologia, diritto, riti liturgici, esperienze pastorali? Il discorso è complesso, ma in estrema sintesi, secondo la mia piccola esperienza e seguendo giorno per giorno cosa dice e fa Papa Francesco, si possono indicare tre punti:

1) Nelle missioni si annunzia Cristo e il cristianesimo è in sostanza la salvezza in Cristo Gesù, che ha rivelato la grande verità: Dio è Amore e ha salvato gli uomini morendo in Croce. La predicazione, la catechesi, la formazione cristiana sono fondate su questa visione dinamica della vita cristiana: rispondere all’amore di Cristo, che è morto per me in Croce. Francesco ha detto a Spadaro: “L’annunzio missionario si concentra sull’essenziale, sul necessario, che è anche ciò che appassiona di più, che fa ardere il cuore come ai discepoli di Emmaus… Una bella omelia, una vera omelia deve cominciare con il primo annunzio, con l’annunzio della salvezza. Non c’è niente di più solido, profondo e sicuro di questo annunzio”. E’ un ritorno agli Atti degli Apostoli e alla “pastorale missionaria”. Nella nostra vita, predicazione e istruzione religiosa, trasmettiamo l’amore a Cristo? Siamo entusiasti della nostra vocazione sacerdotale, cristiana e missionaria? Se non siamo innamorati ed entusiasti di vivere con Cristo, come facciamo a trasmettere tutto questo ad altri?

2) Una Chiesa aperta a tutti e i pastori “con l’odore delle pecore”, che vivono e condividono con la gente comune, specie i più poveri e gli ultimi. Una Chiesa non ferma e chiusa nelle certezze di aver già le risposte a tutti i problemi dell’uomo, ma disposta a camminare con il popolo, per comprendere sempre meglio, con l’assistenza dello Spirito Santo, cosa Gesù ci ha insegnato e cosa vuole da noi oggi (Giov 14, 26; 16, 12-13). Francesco dice (G.S. n. 25): “Spero che tutte le comunità facciano in modo di porre in atto i mezzi necessari per avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno. Ora non ci serve una semplice amministrazione. In tutte le regioni della terra mettiamoci in “stato permanente di missione” (n.25).

3) Tutti i battezzati sono missionari. Nella Gaudium et Spes si legge: “In tutti i battezzati, dal primo all’ultimo, opera la forza santificatrice dello Spirito che spinge ad evangelizzare (n. 119). In virtù del Battesimo, ogni membro del Popolo di Dio è diventato discepolo missionario (cfr Mt 28,19). Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione e sarebbe inadeguato pensare ad uno schema di evangelizzazione portato avanti da attori qualificati in cui il resto del popolo fedele fosse solamente recettivo delle loro azioni… Ogni cristiano è missionario nella misura in cui si è incontrato con l’amore di Dio in Cristo Gesù” (n. 120). E’ un altro grande insegnamento delle giovani Chiese. In Corea mi dicevano: “Nella nostra Chiesa non si concepisce un laico passivo. Fin dal catecumenato, chi entra nella Chiesa deve impegnarsi in opere di Vangelo, di carità, di missione, in gruppi e movimenti che fanno capo alla parrocchia”.

Dopo il Concilio di Trento c’era stato un terremoto per il rinnovamento durato più d’un secolo. Papa Francesco viene 50 anni dopo il Vaticano II (1962-1965), che già i Pontefici prima di lui stavano applicando, sempre partendo dalle Chiese antiche. Oggi c’è il Papa che parte dalle missioni e dalle giovani Chiese. Merita ascolto, amore, preghiera, attenzione e soprattutto che camminiamo tutti con lui, sotto la guida dello Spirito Santo.

Piero Gheddo

 

La gioia di portare Cristo al mondo

Il Messaggio di Papa Francesco per la Giornata Missionaria Mondiale che si celebra domenica 19 ottobre 2014 incomincia così: “Cari fratelli e sorelle, oggi c’è ancora moltissima gente che non conosce Gesù Cristo. Rimane perciò di grande urgenza la missione ad gentes, a cui tutti i membri della Chiesa sono chiamati a partecipare, in quanto la Chiesa è per sua natura missionaria: la Chiesa è nata “in uscita”. E termina così: “La Giornata Missionaria Mondiale è anche un momento per ravvivare il desiderio e il dovere morale della partecipazione gioiosa alla missione ad gentes. Il personale contributo economico è il segno di un’oblazione di se stessi, prima al Signore e poi ai fratelli, perché la propria offerta materiale diventi strumento di evangelizzazione di un’umanità che si costruisce sull’amore”.

Parole chiare: la G.M.M. si celebra per evangelizzare “i moltissimi che non conoscono Gesù Cristo”. Eppure nell’opuscolo ufficiale edito a Roma sulla G.M.M. 2014 leggo: “Periferie cuore della Missione. Con questo slogan vogliamo vivere quest’anno l’Ottobre Missionario e la Giornata M. M.”; ma cosa si intende per periferie? Nell’opuscolo si legge che il Papa parla spesso delle periferie e “Lui stesso non poteva che richiamare tutta la Chiesa a raggiungere le “periferie esistenziali”, i dimenticati, esclusi, stranieri, umanità insomma ai margini della nostra vita (ma possiamo considerarci “noi” centro?)… Andare/uscire verso gli ultimi (poveri e peccatori) per i cristiani non vuol dire solo andare verso i fratelli e le sorelle, ma scoprire che Dio è già qui… Se le periferie sono il luogo dove si converte la Chiesa, andare verso le periferie (e abitarvi da poveri in mezzo ai poveri) significa far risuonare l’annunzio del Regno che libera dall’attaccamento disordinato nei confronti delle ricchezze”.

Certo non sono queste poche righe che scandalizzano, ma la mentalità del redattore, che riflette il modo comune di intendere oggi la missione alle genti: non una missione verticale che porta gli uomini a Cristo e a Dio, ma una missione orizzontale orientata ai poveri (nei quali “Dio è già presente”), per liberare gli uomini non da ogni peccato (anzitutto personale e poi sociale), ma dalla cupidigia di denaro e delle ricchezze materiali! In altre parole, si passa da una missione di natura religiosa ad una missione di natura sociale-economica-politica.

I più poveri del mondo, secondo Papa Francesco e la tradizione cristiana sono quelli che non conoscono Cristo. Madre Teresa diceva: “La più grande disgrazia dell’India è di non conoscere Gesù”. La grande Santa è l’unica persona straniera alla quale il governo indiano ha voluto fare il funerale di Stato. Non si può dire che non vivesse povera tra i poveri, aiutandoli in ogni modo possibile, ma il suo punto di riferimento e la meta da raggiungere in tutto quelche era e faceva era sempre Cristo e il suo Vangelo, era “l’ansia di evangelizzare” che la portava fra gli ultimi.

Nel discorso alle Pontificie opere missionarie (9 maggio 2014) Francesco afferma: “Anche nella nostra epoca la missio ad gentes è la forza trainante di questo dinamismo fondamentale della Chiesa. L’ansia di evangelizzare ai “confini”, testimoniata da missionari santi e generosi, aiuta tutte le comunità a realizzare una pastorale estroversa ed efficace, un rinnovamento delle strutture e delle opere. L’azione missionaria è paradigma di ogni opera della Chiesa (cfr Evangelii gaudium, 15)”.

Questo però non è un problema organizzativo, tecnico o economico, ma di fede. Per credere nella “missione alle genti” è necessario conoscere e sperimentare “la gioia di portare Cristo al mondo”, come scrive Papa Francesco nella Lettera apostolica “Evangelii Gaudium” (del 24 novembre 2013), che inizia così: “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui, sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia. In questa Esortazione desidero indirizzarmi ai fedeli cristiani, per invitarli a una nuova tappa evangelizzatrice marcata da questa gioia e indicare vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni” E poi continua: Una gioia che si rinnova e si comunica…”.

L’Ottobre missionario e la G.M.M. offrono a tutte gli enti che operano per le “missione alle genti” (Pontificie opere missionarie, Centri missionari diocesani, Istituti, stampa e animazione missionaria, associazioni e gruppi missionari), l’occasione per monitorare se quanto fanno e scrivono è su questa linea oppure (vedi il Blog del 5 ottobre) non stiamo seguendo l’onda culturale che porta la missione ad essere (e sembrare) una Ong umanitaria mentre lo scopo fondamentale è annunziare e testimoniare la salvezza in Cristo; e nel nostro mondo secolarizzato va sempre dichiarato.

Il Venerabile dott. Marcello Candia, quando in Brasile ricevette il Premio de “L’uomo più buono del Brasile” (lui diceva: “Vorrei tanto che fosse vero!”), lo accompagnai alla sede della Rai-TV in Corso Sempione a Milano dov’era stato invitato. Dopo un breve documentario in cui si vedeva Marcello con i lebbrosi di Marituba e due Missionarie dell’Immacolata che aveva portato nel lebbrosario, l’intervistatore dice: “Ecco a voi Marcello Candia, l’uomo più buono del Brasile perché è innamorato dei lebbrosi e vive con loro….”. Marcello dice: “Grazie, ma vorrei precisare che sono andato tra i lebbrosi perché sono innamorato di Gesù Cristo e perché ho visto Gesù in ciascuno di essi. Allora mi sono innamorato anche dei lebbrosi, che a prima vista rifiutavo e mi mettevano angoscia e paura”.

Piero Gheddo

Chiude “Popoli”, la rivista missionaria dei Gesuiti

All’inizio del mese missionario di ottobre, un comunicato stampa del Centro San Fedele di Milano informa che la rivista missionaria mensile dei Gesuiti “Popoli” chiude nel dicembre prossimo. La rivista è nata nel 1915 col titolo “Le missioni della Compagnia di Gesù”, nel 1970 ha assunto il titolo di “Popoli e Missione”, negli anni ottanta “Popoli”, che chiude alla soglia dei cento anni. Ma allora, i gesuiti non hanno più missionari? Per carità, sono forse l’ordine religioso con il maggior numero di missionari “ad gentes”. Ma in Italia questo è un tema che interessa sempre meno e questo è il gravissimo problema dell’ottobre missionario, per noi missionari ma anche per tutta la Chiesa italiana.

Dopo la chiusura della rivista “Ad Gentes” degli Istituti missionari (Vedi il Blog del 15 giugno 2014) anche questa è una triste notizia per l’animazione missionaria ad gentes nella Chiesa italiana, come tante altre simili, ad esempio il crollo vertiginoso delle vocazioni ad gentes (e ad vitam) degli istituti missionari italiani. In questo anno scolastico, nel seminario teologico del Pime di Monza abbiamo una cinquantina di teologi e filosofi, dei quali solo quattro italiani! E dobbiamo ringraziare la Provvidenza di Dio perchè il Pime, fondato da mons. Angelo Ramazzotti nel 1850 come “Seminario lombardo per le missioni estere” e da Pio XI nel 1926 come Pime (unendolo ad un altro simile Seminario fondato a Roma nel 1872), è diventato internazionale, altrimenti dovremmo chiudere la nostra teologia missionaria, affiliata con l’Università Urbaniana di Roma per il corso accademico di teologia che si chiude con il diploma di Baccalaureato, riconosciuto anche dallo stato italiano.

La “missione alle genti” significa annunziare e testimoniare Cristo ai popoli non cristiani (5 miliardi sui 7 dell’umanità) e il danno peggiore di questa decadenza dello spirito e della missione ad gentes sta nel dato di fatto che la Chiesa italiana, presa nel suo assieme, sta percorrendo il cammino opposto a quello che dichiarano i testi del Concilio Vaticano II, dei Papi e della stessa CEI (Conferenza episcopale italiana): si proclama una cosa e se ne fa un’altra. E questo avviene nella Chiesa di Cristo, che vuol essere autentica, trasparente, efficace immagine di Cristo Salvatore.

Ma nel Vangelo di San Marco (16, 14-15) si legge: “Gesù apparve agli undici discepoli mentre erano a tavola. Li rimproverò perché avevano avuto poca fede e si ostinavano a non credere a quelli che l’avevano visto risuscitato. E disse loro: “Andate in tutto il mondo e portate il Vangelo a tutti gli uomini. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, chi non crederà sarà condannato”. E noi potremmo dire: “Ma Gesù, tu rimproveri i tuoi Apostoli di non credere alla tua Risurrezione e poi subito dopo li mandi a predicare la Buona Notizia in tutto il modo! Ma com’è possibile? Se non credono che tu sei risorto, che razza di messaggio portano al mondo?”.

Ha risposto Giovanni Paolo II nella “Redemptoris Missio” (N. 2): “La fede si rafforza donandola!”, e spiega perché; e poi richiama la grande verità di fede: “Lo Spirito Santo protagonista della Missione” (Capitolo III). E fa venire in mente la famosa scenetta de “La Croix” che pubblicai in “Mondo e Missione” negli anni settanta, dove si vede Gesù che sale al Cielo mentre detta il suo testamento agli Apostoli, in cerchio davanti a Lui: “Andate in tutto il mondo,,,,”. Ma uno sussurra all’altro: “Ma noi, non siamo incardinati nella diocesi di Gerusalemme?”.

Quando Papa Francesco, e tutti i Papi e tutti i vescovi prima di lui, continuano a martellare lo slogan: “Per salvare l’uomo e l’umanità dobbiamo ritornare a Cristo!”, penso che nessuno aggiunga nella sua mente e nel suo cuore: “Eccetto quando ci dice di andare in tutto il mondo a portare il Vangelo a tutti gli uomini”.

Chi segue il mio Blog “Armagheddo”, sa che a volte è volutamente provocatorio, come anche questa volta. Non voglio assolutamente accusare nessuno, ma solo riproporre con forza il problema: qual è lo scopo dell’animazione e della stampa missionaria ad gentes dei Centri missionari diocesani, degli Istituti missionari, delle Pontificie opere missionarie e della stampa e animazione missionaria? Presentare le testimonianze dei missionari che nelle periferie dell’umanità annunziano Cristo, battezzano i popoli convertendoli a Cristo e formando le prime comunità cristiane; oppure abbiamo cominciato noi a politicizzare la missione alle genti, riducendo la Chiesa in missione ad una Ong mondiale che si interessa dei poveri e dei marginali, delle ingiustizie e violenze contro gli ultimi di ogni società, spesso senza alcun aggancio esplicito a Gesù Cristo? Non invento nulla, potrei raccontare decine e decine di esempi, perché l’onda culturale è questa e non è facile fare e proporre e realizzare qualcosa di diverso, si rischia di passare per conservatori, tradizionalisti, reperti archeologi da rottamare.

Ma la Chiesa, lo dice spesso Papa Francesco, non è una Ong di carattere sociale-politico-economico-sindacale, ma la comunità dei seguaci di Cristo, che deve andare in tutto il mondo annunziando la Buona Notizia del Vangelo. E quando, noi missionari diamo un’immagine diversa di noi stessi al mondo, perdiamo la nostra unica identità e diventiamo inefficienti, inefficaci, non leggono più le nostre riviste, i giovani non ci seguono più, non donano più la vita e hanno ragione. Donare la vita per che cosa? Per promuovere l’acqua pubblica o protestare contro il debito estero dei paesi africani o contro la produzione di armi? I giovani danno la vita solo se noi siamo innamorati di Cristo e capaci di innamorarli di Gesù Cristo, nient’altro. Nell’ottobre missionario e della Giornata Missionaria Mondiale è permesso riproporre con forza questo problema, perchè se ne discuta e si giunga, con l’aiuto di Dio, ad una decisiva correzione di rotta.

Piero Gheddo