Prefazione al libro di Rodolfo Casadei «Perseguitati perché cristiani» edito dalla Mimep
Quando mi capita di parlare con parenti e amici dei miei sessanta e più anni di giornalismo missionario, ricordo sempre che dalla scuola di “Mondo e Missione (che ho diretto per 35 anni) sono usciti giornalisti di ui vado fiero. Tra questi l’amico Rodolfo Casadei, inviato speciale del settimanale “Tempi” (e relativo quotidiano on line), è proprio nella linea e nei metodi del mio giornalismo missionario. Andare sul posto a vedere, intervistare la gente comune, i vescovi e i preti locali, dormire nelle loro case o capanne, mangiare cosa mangiano loro, rischiare (con prudenza) anche la vita, per trasmettere la realtà delle situazioni, spesso molto diversa da quanto emerge nella pubblicistica italiana e occidentale. Perché un conto è trasmettere un servizio dall’Iraq, fermandosi più o meno nella capitale o in altre città sicure e un altro è andare nei posti dove l’Isis avanza, come ha fatto Rodolfo, per incontrare i cristiani che fuggono o attendono pregando il giorno prossimo del loro martirio.
I servizi di Rodolfo in questo libro portano il marchio dell’autenticità, il fremito del pericolo imminente, soprattutto la fermezza della fede e la speranza nell’aiuto di Dio di quei nostri fratelli e sorelle nella fede in Cristo. Il martirio è un concetto e una realtà difficili da presentare in Italia. Perché il sangue e la persecuzione sono indispensabili alla missione di Cristo? Perché, come dice la lettera agli Ebrei (9, 22), «senza effusione di sangue non vi può essere redenzione»: si tratta della «via della croce», «scandalo per i giudei e follia per i pagani», come scrive san Paolo (1 Cor. 1, 23). La salvezza viene dalla Croce di Gesù e dalla sua Resurrezione. Un mistero che è ostico anche per noi, cristiani moderni, abituati a pensare che si possa risolvere tutto con leggi giuste, con il metodo democratico, col dialogo e andando d’accordo con tutti ad ogni costo. Il mondo moderno, democratico, tollerante, dialogante, crede di poter sconfiggere il peccato con le leggi giuste, il dialogo, la tecnica, la politica… No, il peccato, e il demonio che ne è l’ispiratore, si vincono con la preghiera, la grazia di Dio e il martirio, la Croce.
Come scrive Casadei nell’Introduzione, i cristiani perseguitati e martiri di oggi sono corredentori dell’umanità. Salgono consapevolmente sulla Croce con Cristo, partecipano alla sua Passione. Com’è scritto nella Lettera ai Romani, senza partecipazione alla Passione di Cristo non c’è resurrezione: «eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria» (Rom. 8, 17) Questa partecipazione avviene per amore di Cristo. Nel 1980 sono andato in Cina per la seconda volta (la prima era stata nel 1973, durante la Rivoluzione culturale, non ho incontrato nessun cristiano). Ho visitato il seminario diocesano di She-qui nel sud del paese, dove si trovavano una ventina di studenti di teologia e due soli sacerdoti molto anziani come educatori. Avevano fatto 57 anni di carcere e di lavoro forzato in due. Il rettore mi diceva: «Padre, ci mandi libri, non abbiamo testi di teologia, né commenti alla Scrittura, né i documenti della Chiesa e del Concilio…». Sono rimasto sorpreso, e gli ho chiesto: «Come fate a formare dei preti, senza sussidi di studio, senza biblioteca?». Mi ha risposto: «Noi formiamo dei martiri per la fede, e a questo scopo basta un grande amore per Cristo».
Nel corso della mia vita di missionario ho visitato circa 80 paesi extraeuropei, ho conosciuto giovani e antiche Chiese, e posso rendere la mia testimonianza: nei momenti di persecuzione si palesa l’intervento dello Spirito Santo. Le persone fanno cose di cui normalmente non sono capaci. Posso testimoniare la forza dello Spirito Santo: l’uomo viene trasformato da questa forza che gli dà la capacità del martirio.
Si chiede Casadei, nella sua Introduzione, come mai oggi la Chiesa e la nostra società facciano tanta fatica a trovare un posto ai martiri cristiani nella coscienza che hanno di se stesse. La risposta è che il martirio imbarazza tutti perché l’uomo vuole sfuggire al dolore, alla sofferenza, e la fedeltà e la testimonianza tante volte costano. Così anche noi cristiani vorremmo non avere problemi con nessuno, ed essere lasciati in pace a vivere il nostro cristianesimo come un insieme di abitudini e di relazioni sociali.
Va poi detto che raccontare la persecuzione che i cristiani oggi patiscono in tante parti del mondo per mano di credenti di altre religioni non significa affatto alimentare conflitti di religione. Come si vede nelle pagine che seguono, lo Spirito soffia dove vuole e ci sono anche molti musulmani uomini di buona volontà che hanno preso le difese dei cristiani, come quelli che hanno cercato di impedire ai Fratelli Musulmani di bruciare le chiese in Egitto, o quelli che in Nigeria collaborano con l’arcivescovo di Jos per la prevenzione delle violenze e per la pacificazione fra le comunità, o i musulmani curdi che combattono per riconquistare i villaggi cristiani e yazidi in Iraq occupati dagli estremisti dell’Isis. Questi fatti ci ricordano che, come ha detto tante volte san Giovanni Paolo II, il “dialogo della vita” fra i cristiani e gli altri credenti ha la precedenza sul “dialogo teologico”, che può essere frainteso come un tentativo strisciante di proselitismo.
Infine, io credo che la lezione più grande che ci viene dalla testimonianza dei cristiani perseguitati e martiri oggi è quella di tornare a concepirci come cristiani impegnati nel primo annuncio qui dove viviamo. Mi spiego. Lo Spirito Santo manifesta massimamente la sua azione in due situazioni: quando una Chiesa è perseguitata e quando il Vangelo viene annunciato per la prima volta. L’Occidente è sempre più secolarizzato e scristianizzato.
Il card. Angelo Scola, arcivescovo di Milano, ha detto recentemente ai membri del Consiglio pastorale diocesano: “Diciamo sempre che i nostri concittadini italiani diventano, anno dopo anno, sempre meno cristiani. Sono convinto che abbiamo ancora un po’ di anni prima che dobbiamo dire che diventano sempre più pagani”. Se noi annunzieremo Cristo, con la parola e con la vita, nello stesso modo in cui lo hanno annunziato i missionari che sono all’origine delle giovani Chiese (come il Beato Clemente Vismara, 65 anni in Birmania!) cioè nella forma del primo annuncio, anche noi faremo in noi la stessa esperienza di azione dello Spirito Santo, che stanno facendo i martiri cristiani in Iraq, in Cina, in Africa e in tanti altri luoghi del mondo dove viene innalzata la Croce di Cristo.
La domanda che oggi tutti i battezzati, io per primo, dobbiamo farci è questa: cosa conta il Vangelo nella mia vita? Sono veramente innamorato di Cristo oppure la fede in me è stanca abitudine? Il Vangelo è un’esperienza globale, totalizzante: Gesù deve diventare non solo una pia aspirazione e una consolazione psicologica nei momenti difficili, ma il modello divino-umano a cui mi ispiro e da cui traggo forza e coraggio per vivere da cristiano, nonostante le mie debolezze e i miei peccati.
“La fede si rafforza donandola!” scrive San Giovanni Paolo II nell’enciclica “Redemptoris Missio” Nella società italiana non è in crisi lo spirito religioso. Appena si sparge la voce che c’è un’apparizione o un “miracolo”, la gente accorre in massa. Tutti sentono il bisogno dell’Assoluto. E’ in crisi, invece, la fede in Cristo unico Salvatore dell’uomo e dell’umanità.
Un missionario mio confratello, reduce dalla Papua Nuova Guinea, il bergamasco padre Lino Pedercini, mi dice: “La più grande sofferenza di noi missionari, quando torniamo in Italia per vacanza, è di toccare con mano che la fede, che noi andiamo ad annunziare ai popoli, diminuisce fra il nostro popolo. Il dio denaro ha sostituito il Dio di Gesù Cristo. I danni morali di questo abbandono della fede si vedono ovunque, nelle famiglie, nella società, nello stato. Torno in Papua, ma vorrei gridare a tutti che quando perdiamo la fede in Cristo, la vita non ha più senso”.
L’esempio dei martiri ci chiama oggi alla missione della Chiesa. I popoli hanno bisogno di Cristo. Noi tutti battezzati dobbiamo chiederci cosa Dio vuole da noi, che tipo di collaborazione alla missione della Chiesa possiamo dare, con sacrificio e sofferenza.
Parlo ai giovani che mi leggono: chiedetevi cosa Dio vuole da voi. Mettetevi davanti al Signore, ricordando i martiri perseguitati di cui leggete in questo volume di Rodolfo Casadei, e dite: “Signore, cosa vuoi che io faccia? Come posso impiegare bene la mia vita per Te e per il Vangelo? Io sono disposto a darti tutto me stesso. Prendi la mia vita, se questo serve alla missione della Chiesa e all’avvento del Regno di Dio nel mondo”. Se il Signore vi chiama ad una vita consacrata alla missione,non ditegli di no, perché la vita spesa per Gesù Cristo, con le inevitabili rinunzie e sofferenze, è la più bella e consolante che si possa immaginare. L’ha detto Gesù ed è vero: “Non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà” (Mc, 10, 28-31).
Padre Piergo Gheddo
Missionario del Pime, Milano
Rodolfo Casadei – Perseguitati perchè cristiani, Reportage dalle terre occupate dall’Isis – Prefazione di Piero Gheddo – Mimep, Pessano con Bornago (Mi), 2015, pagg.241, + 28 pagg. di reportage fotografico dai paesi visitati, Iraq, Siria, Egitto, Nigeria.