«Possibile che la categoria dei giornalisi…?»

Alcuni giorni fa mi sono sentito in dovere di recitare un Rosario e celebrare una Santa Messa per la nostra Italia, per il governo e il Parlamento, per i mass media e la scuola, le famiglie e i nostri giovani che crescono in un ambiente pieno di veleni e di esempi negativi. Insomma, un paese bello e benedetto da Dio come il nostro (a parte il terremoto dell’Aquila e l’inondazione di Messina, ma queste cose capitano ovunque) non riesce a vivere senza scontri e liti, insulti feroci e accuse badiali, proteste e terrorismi verbali, manifestazioni “contro” più o meno non violente. Alla sera si apre il telegiornale e dopo qualche notizia di attualità che interessa, soprattutto politica ed economica, è tutto un seguito di delitti, rapine, stupri, omicidi, processi, disastri, scandali. Quando leggo che l’80% circa degli italiani traggono principalmente dalla televisione le principali informazioni e orientamenti per la loro vita, mi vengono i brividi. La vecchia norma giornalistica “bad news good news” (cattiva notizia buona notizia!) è diventata regola comune dei mass media. I giornalisti (e i fotografi) sono alla ricerca di “scoop” sempre negativi, sconfortanti, deprimenti: non vanno a scoprire la famiglia che ancor oggi ha otto-dieci figli (ce ne sono!) e riesce con l’aiuto di parenti ed amici (e della Provvidenza di Dio) a mantenerli ed allevarli tutti, ma della mamma che uccide il bambino, del marito che uccide la moglie e via dicendo. E’ inevitabile che questa rappresentazione negativa della società italiana rimbalzi abitualmente nelle conversazioni in famiglia, tra amici, tra colleghi di lavoro e di studio. E’ possibile, con un sistema informativo basato sulla ricerca e sulla celebrazione di qualsiasi genere di marciume morale, che nella nostra Italia i giovani crescano ottimisti, impegnati nel bene, sereni, cordiali e fiduciosi come tutti li vorremmo?
Vittorio Messori ricordava che quando era giovane giornalista alla cronaca di Torino del quotidiano “La Stampa”, se in città c’era un delitto efferato, una rapina, uno scandalo, il suo capo-cronaca stappava una bottiglia di spumante e diceva: “Beviamo perché domani venderemo molte copie del giornale!”. E sguinzagliava i suoi cronisti alla ricerca dei particolari orridi e pruriginosi o che comunque suscitassero sbalordimento, meraviglia, scandalo.
Si parla molto di libertà di informazione ed è giusto difenderla, ma quando la libertà diventa, alla lunga, licenza di intossicare l’atmosfera culturale in cui viviamo, non è quasi peggio di chi intossica l’aria con l’emissione di fumi velenosi? Questa è dannosa per i nostri polmoni, quella è dannosa per la nostra psiche e la visione del mondo che ci formiamo; questa porta a malattie fisiche, quella a malattie morali e psichiche, depressione, pessimismo, scoraggiamento di fronte alla vita, con gravissimi danni specialmente per i nostri giovani. Possibile che la categoria del giornalisti (di cui faccio parte dal 1956!) non riesca a darsi delle regole e poi a farle osservare?
Questa sera, lunedì 19 ottobre, a Radio Maria, dalle ore 21 alle 22,30, parlerò di questo tema: “La Giornata missionaria oggi”. Grazie per l’ascolto!

Piero Gheddo