Il giornalismo-spazzatura trionfa

E’ triste, per un anziano prete-giornalista come il sottoscritto, vedere la decadenza dei giornali e delle televisioni, sempre più immagine dello sfacelo morale e religioso della nostra società. Giustamente domenica scorsa 31 maggio, celebrando la festa di Pentecoste in San Pietro, Benedetto XVI ha detto: “Quello che l’aria è per la vita biologica, lo Spirito Santo è per la vita spirituale. E come esiste un inquinamento atmosferico che avvelena l’ambiente e gli esseri viventi,  così esiste un inquinamento del cuore e dello spirito che mortifica ed avvelena l’esistenza spirituale”. Ed ha aggiunto: “Nelle nostre società circolano tanti prodotti che avvelenano la mente e il cuore, ad esempio immagini che spettacolarizzano il piacere, la violenza e il disprezzo per l’uomo e la donna e a tutto questo ci si abitua senza difficoltà”.

Naturalmente, quando il Papa pronunzia questi richiami, e non è la prima volta, tutti i mass media si affrettano a dire che sono d’accordo e lamentano la decadenza dei costumi, dei giovani, delle famiglie, ma poi sono proprio i giornali e le televisioni che educano il popolo e le giovani generazioni ad una visione fallace, ingannevole della vita. Ad esempio, negli ultimi tempi, l’insistenza su veline e minorenni, su malcostumi privati e pubblici, su lettere di affetto maliziosamente interpretate come espressione di un amore indebito fra una giovane polacca e Papa Giovanni Paolo II da giovane studente e lavoratore. Pagine e pagine su gossip e foto rubate alla “privacy”, ipotesi e ricostruzioni fantasiose che finiscono inevitabilmente per far supporre fatti di sesso: insomma, c’è tutto l’armamentario per quell’inquinamento dello spirito che il Papa denunzia. Eppure i “grandi giornali” ci guazzano dentro per giorni e giorni, trascurando poi tutte quelle notizie internazionali e nazionali che sarebbero molto più utili ai lettori. Il culmine l’ha raggiunto “La Stampa” di Torino, che domenica 31 maggio e lunedì 1° giugno ha pubblicato due pagine ogni giorno sul Papa e la polacca sua amica dai lontani tempi della giovinezza, Wanda Poltawska, con foto e lettere, ipotesi e commenti. Non parliamo nemmeno di tutto il bailamme che ancora continua (da almeno 15 giorni) attorno alla storia delle veline, della povera Noemi, delle feste nella villa in Sardegna del nostro primo Ministro! Ogni giorno un capitolo nuovo. E si potrebbe andare avanti perché gli esempi sono infiniti.

Mi chiedo: ma tutto questo non è “un inquinamento del cuore e dello spirito che mortifica ed avvelena l’esistenza spirituale”? Perché applaudire il Papa quando condanna questa “spettacolarizzazione” del mal costume e poi fondare la logica del giornale su tutto quello che fa vendere il prodotto? Il male di questo giornalismo-spazzatura è antico, ma oggi ha raggiunto, anche nei “grandi” giornali, una misura insopportabile. Mi viene in mente Vittorio Messori che racconta di quando, negli anni sessanta del Novecento, era giovane redattore a “La Stampa” per la cronaca di Torino. Il suo capo-redattore, quando in città c’era un crimine con morti e sangue, stappava una bottiglia di spumante e brindava assieme ai suoi redattori, dicendo loro di raccontare i particolari più orridi e pruriginosi, perché, aggiungeva: “Domani venderemo più copie del giornale”.

Eppure, i “grandi” giornali tutti li comperano, il quotidiano cattolico “Avvenire”, che servizi sulla Chiesa e la vita cristiana e corrispondenze internazionali ne ha più degli altri, lo leggiamo in pochi. L’inquinamento atmosferico preoccupa tutti, si protesta, se ne parla, si prendono provvedimenti; l’inquinamento morale e religioso non preoccupa quasi nessuno. Poi, se il Papa denunzia questo, tutti d’accordo.

Piero Gheddo

Che cosa hanno in testa i nostri giovani?

Sabato scorso, 25 aprile, nel telegiornale delle ore 20 su Rai Uno hanno trasmesso otto o nove brevi interviste a giovani italiani, dai 18 ai 25 anni. La domanda era questa: “Perché oggi in Italia si fa festa? Come si chiama questa festa?”. Nessuno ha risposto in modo preciso ed esauriente. Alcuni dicevano: “E’ la festa della liberazione”, ma alla domanda “Liberazione da che cosa?” nessuno sapeva andare oltre. Rispondevano: “Non so…” o qualcosa di equivalente come “Boh…”. Uno finalmente ha detto: “E’ caduto il regime fascista” ma non sapeva precisare come o perchè. Un altro: “Oggi non si va a scuola, a me basta questo”. L’intervistatrice insisteva e chiedeva: “In che anno è avvenuta questa liberazione?”. Anche qui vuoto assoluto. Due ragazze hanno risposto: “Nel 1944” una, ma l’altra subito dopo: “No, nel 1946”! Nessuna delle due e nemmeno nessun altro ha centrato, sia pure per caso, l’anno giusto 1945!

Spettacolo desolante e deprimente. Cosa hanno in testa e nel cuore i giovani italiani del nostro tempo? Come si può sperare di costruire un futuro democratico e pieno di ideali e di impegno civile per la nostra Italia, se i giovani sono in questo abisso di ignoranza, in questo sottozero culturale e patriottico? Noi anziani sopra i settant’anni giustamente ci appassioniamo, con il Presidente Napolitano e il Premier Berlusconi, di pacificare gli italiani della nostra età, ancora divisi (65 anni dopo!) da due diverse letture di quel tragico periodo della nostra storia, da cui è nata l’Italia attuale e la sua Costituzione. E poi scopriamo che molti giovani italiani non sanno nulla, non gli interessa sapere nulla, hanno ben altro in testa: divertimento, successo, salute, bellezza, carriera, soldi, apparenza, fama, vita facile con poco sforzo, ecc. Questi, in genere, appaiono gli ideali di vita di non pochi italiani e italiane delle generazioni più giovani. E non è tutta colpa loro!

E’ un segno macroscopico di quanto è disastroso il fallimento della società che abbiamo costruito noi adulti e noi anziani, con lo sfascio dei matrimoni (in continuo aumento i divorzi e le separazioni), delle famiglie e della scuola, il prevalere dei diritti sui doveri (l’aborto è un diritto della donna: e il diritto del bambino che viene ucciso?). La televisione ormai, in assenza d’altro, è il principale soggetto educativo delle nuove generazioni e fra i primi responsabili, credo, della decadenza morale e intellettuale di cui siamo spettatori impotenti. Come fa infatti ad educare se insegue solo o quasi un sempre maggior guadagno economico? La soluzione. Per noi credenti non c’è dubbio: ritornare a Cristo e al suo Vangelo. Ma questo non si può dire perchè la fede è un fatto privato, personale, giornali e televisione non ne parlano mai, in scuole e università è argomento tabù.

Piero Gheddo

Lo spirito missionario dà una marcia in più

Cari lettori del Blog, oggi vi racconto una bella esperienza che il Signore mi ha fatto fare pochi giorni fa. Come tutti i terzi lunedì del mese, lunedì scorso (16 marzo) ho parlato a Radio Maria (ore 21 – 22,30), sul mio viaggio in Bangladesh nel gennaio 2009, in visita ai missionari del Pime e alle Missionarie dell’Immacolata, per poter raccogliere materiale da usare per un volume che sto preparando sulla storia del Pime in Bengala dal 1855 ad oggi: nel Bengala indiano dove abbiamo fondato tre diocesi, Krishnagar, Jalpaigury e Dumka-Malda e nel Bengala che oggi è Bangladesh, dove dal lavoro del Pime sono nate altre tre dicesi, Dinajpur, Jessore-Khulna, Rajshahi.

Una trasmissione del tutto normale, anche se, parlando di un popolo e di una Chiesa appena visitati, mi sono scaldato e in certi momenti anche commosso. Questa mattina mi ha telefonato un signore di Pescara per ringraziarmi della trasmissione di ieri sera e dirmi che mi segue in quel che dico e scrivo, perché, ha aggiunto: “Le sue trasmissioni sono sempre positive e danno serenità, testimoniano che la vita è bella, se vissuta nell’amore di Dio e del prossimo”. L’ho ringraziato, ma non ha voluto darmi il suo nome e indirizzo. Non importa, ho ringraziato il Signore se quel che dico o scrivo produce, col suo aiuto, qualche frutto positivo.

Poi ho fatto una piccola riflessione. Guarda la potenza dei mezzi moderni di comunicazione, strumento formidabile per comunicare il Vangelo. Quando spiegavo il Vangelo della domenica tutti i sabati sera alla TV di Rai-Uno negli anni 1994-1996 (dalle 19.30 alle 19,40) ricordo che ricevevo in media più di venti lettere al giorno (oltre a telefonate) e quando una volta al mese andavo (e purtroppo ancora vado) in auto da Milano a Roma o viceversa, fermandomi lungo l’autostrada per la benzina e al bar c’era sempre qualcuno che mi riconosceva: “Ma lei è quel missionario che al sabato sera…. “. Mi sembrava impossibile eppure era vero.

Anche parlando a Radio Maria tutti i terzi lunedì del mese (dalle 21 alle 22,30) ho la consolazione di vedere che quel che dico piace. Ne ringrazio il Signore e anche Radio Maria, strumento provvidenziale per diffondere il Vangelo e la fede in Cristo, non solo in Italia, ma nei 56 paesi in cui Radio Maria è nata con lo stesso spirito di quella italiana, che le ha aiutate anche economicamente a nascere.

E’ uno dei tanti segni che ho nella mia vita, che mi dimostrano questo: la fede e la passione missionaria di portare Cristo a tutti i popoli riscalda l’anima perchè relativizza le nostre difficoltà personali e nazionali, e ci pone di fronte ai gravi problemi dei popoli, che noi tutti siamo chiamati ad amare e dà senso alla vita e alla visione che abbiamo del mondo e della storia umana. In altre parole, la fede, che produce la passione missionaria, dà una marcia in più, ci fa vedere il mondo e l’umanità con gli occhi di Dio.

Mi sono chiesto: perché diversi ascoltatori e lettori mi dicono o mi scrivono questo? Il fatto fondamentale credo sia questo. Oltre alla fede ho ricevuto anche da Dio la vocazione missionaria, che mi ha aperto fin da giovane all’universalità del genere umano e del messaggio cristiano. Ho sempre pensato che Gesù è venuto sulla terra per salvare tutti gli uomini e tutti hanno diritto di ricevere questo messaggio di salvezza. Mi fa male, quando faccio viaggi in missione e vengo a contatto con tanti popoli, famiglie, persone che non conoscono ancora Gesù Cristo. Penso che noi abbiamo la responsabilità di testimoniare e portare anche a loro il Vangelo e mi sento piccolo, debole impotente. La passione missionaria nasce e si nutre di questi sentimenti profondi.

Così, quando torno in Italia, trasmetto questo messaggio: il mondo è grande e bello, i popoli sono diversi ma tutti uniti dall’amore paterno di Dio. Dobbiamo amare tutti come fratelli e sorelle Non chiudiamoci in noi stessi, nei piccoli problemi della  nostra famiglia e paese. Siamo membri della Chiesa cattolica che è universale e proprio in questo tempo della globalizzazione la fede ci dà una marcia in più per capire il mondo, la società, i popoli. Questo ci dà ottimismo e serenità nella vita, perchè relativizza tutti i nostri pur grandi problemi

Piero Gheddo