Grazie e “miracoli” per intercessione del “Fabbro di Dio”

Si è svolta ad Introbio in Valsassina (8-15 agosto) la Mostra “Felice di nome e di fatto”, dedicata al Servo di Dio fratel Felice Tantardini, missionario laico del Pime, morto nel 1991 all’età di 93 anni. Marco Sampietro, uno dei promotori dell’iniziativa, dice: “Siamo contenti perché in tanti sono passati e si sono dimostrati colpiti da questa figura». I promotori – il gruppo missionario locale e la parrocchia, guidata dal lecchese don Marco Mauri – ce l’hanno messa tutta per valorizzare fratel Felice: attraverso suoi oggetti (per la maggior parte donati da lui a parenti, benefattori, amici e conoscenti), nonché attraverso i suoi scritti autografi e un Dvd con fotografie e interviste, la Mostra ha presentato efficacemente la vicenda umana e spirituale di un piccolo-grande missionario, una figura attualissima e dai chiari tratti di santità, tant’è che è in corso il suo processo di beatificazione.  Così Gerolamo Fazzini su Il Giornale di Lecco.

Ho conservato diverse grazie e anche veri miracoli di Felice riferiti da padre Angelo Tin, che era il Postulatore della sua Causa di Beatificazione in Birmania, io ero il Postulatore a Roma. Gli scrivevo spesso e l’aiutavo anche finanziariamente. A partire del 1993, quando si è incominciato a preparare il materiale per la Causa di Clemente Vismara, ho mandato una lettera a tutti i confratelli ancora presenti nell’arcidiocesi di Taunggyi  (mons. Gobbato, Noè, Clarini, Mattarucco, Galbusera, Fasoli, Di Meo e non ricordo se anche altri),  alcuni dei quali mi risposero che bisognava fare la Causa di Felice, più santo di Clemente, che aveva certi difetti, come ho specificato nel volume “Fare felici gli infelici”, sulla sua personalità e santità.

Era il momento di iniziare anche la Causa di Felice, che tutti volevano, primo l’arcivescovo di Taunggyi mons. Matthias U Shwe, i nostri confratelli, ecc. C’era il desiderio, la volonta di iniziare, ma non la decisione precisa di fare i primi passi e mettere in moto la macchina. Nel 1995 padre Angelo Tin mi manda un opuscolo, con la Prefazione di mons. Matthias U Shwe, al fondo del quale c’erano numerose grazie e supposti miracoli attribuiti all’intercessione di fratel Felice, tutti senza data, ma di pochi anni dopo la sua morte. Ne avevo scelto e tradotto alcuni. C’erano anche belle foto di Felice nei suoi ultimi giorni e dopo la sua morte, ma stampate malissimo. L’opuscolo in inglese e in birmano è intitolato “Br. Oo Maung Than Chaung” (Br. sta per Brother, Fratello, il resto è il nome in birmano di Fratel Felice). Ha 56 pagine, con una breve biografia di Felice scritta da padre Ziello (non l’ho tradotta perchè dice cose che già si sanno). Credo sia a Roma nell’Archivio generale del Pime. Il 2° agosto 1998 padre Mattarucco mi scriveva: “….Personalmente penso che la Causa di beatificazione di Felice non si potrà nemmeno iniziare…..Tutti lo stimano un santo…..Ma qui, con tutti i problemi e l’attuale situazione, com’è possibile avviare una Causa di canonizzazione?…. Io lo invoco e lo faccio invocare e ottengo grazie”.

La Causa di beatificazione di fratel Felice inizia quando l’arcivescovo di Taunggyi, il superiore generale del Pime padre Franco Cagnasso e il parroco di Introbio, don Cesare Luraghi, si accordano. L’Arcidiocesi di Taunggyi è proprietaria e promotrice della Causa, il Pime è Attore della stessa (assumendone le spese), Introbio assicura preghiere e diffonde la devozione del Fabbro di Dio. Il 22 maggio 2000 la Congregazione dei Santi ha dato il parere favorevole all’inizio del Processo diocesano. La macchina si è messa in moto. Sono stato Postulatore fino al 2009, quando ho compiuto gli 80 anni e ho dovuto dare le dimissioni da Postulatore. Mi ha sostituto la dott.sa Francesca Consolini. Oggi occorre pregare molto e chiedere grazie per intercessione del nostro indimenticabile Fabbro di Dio. Ecco alcuni casi di grazie e supposti miracoli:

Maumg Aung Sein è un mio nipote che studia nel catechistato di Pekhong. Nel 1992 egli si ammala gravemente e viene portato all’ospedale di Loikaw. Dottore e infermiere fanno del loro meglio per curarlo, ma dopo un mese peggiora. Il dottore mi dice chiaramente che non ci sono speranze. Io gli portai un pezzetto della veste di Fratel Felice, raccomandandogli di pregarlo per la guarigione. Senza speranza da parte del dottore, ritornai a Pekhong aspettando notizie dall’ospedale. Siccome non ricevevo notizie di sorta, ritornai all’ospedale di Loikaw per vederlo, ma non era più in ospedale. Dopo una settimana andai al suo villaggio, Hwason Kuntha, per sapere qualcosa di lui. Con mia grande sorpresa, lo incontro che torna dal bagno. “Mi sento meglio, padre”. E da quel giorno il ragazzo sta sempre bene. Io sono certo che fu fratel Felice a guarirlo. Egli continuò i suoi studi ed ora è catechista. – Padre Angelo Tin.

Nel villaggio di Yanson, vicino a Pekhong. Un ragazzo che faceva il facchino tornò a casa seriamente ammalato.  La gente del villaggio vennero a chiamarmi perchè lo vedessi. Il ragazzo giaceva su un lettuccio, incapace di dire una parola. Pensai che non vi fosse nulla da fare e gli diedi l’Olio degli Infermi e lo raccomandai al Fratel Felice, mettendo un pezzetto della veste di Felice sulla testa del malato. Ritornai a casa e aspettavo notizie del malato. Passano uno, due giorni, e nessuna notizia. Chiedo notizie alla sua gente e m dicono che il ragazzo è guarito ed è andato  a lavorre sulle montagne. Questa pure, credo, è una grazia per intercessione di Felice. – Padre Angelo Tin

Da quando arrivai a Mong Ping, non potevo dormire e così per parecchie notti. Avevo paura di perdere la ragione- Ho chiesto a padre Angelo Tin una reliquia di fratel Felice, la misi sotto il mio cuscino e lo pregai di intercedere per me. Da allra dormo regolarmente e molto bene, senza paura alcuna. Fu certamente un aiuto di fratel Felice. Una suora di Mong Ping, diocesi di Kengtung.

Nel nostro orfanotrofio di Mong Nai vi era una bambina di due mesi. Era affetta di asma e problemi di cuore. La portammo in ospedale, ma il dottore ci disse che la bimba era troppo piccola per poterla curare cin iniezioni, l’unico rimedio. “Non si può far nulla” ripetè l’infermiera. Andai alla ricerca di una medaglia da metterle al collo, ma non ne trovai. Trovai però un pezzo di stoffa degli indumenti di Felice, lo tagliai e lo misi al collo della bimba- Il giorno seguente la piccola stava meglio e dopo pochi giorni era completamente guarita. Io penso che fu guarita per intercessione di fratel Felice. Una suora della missione di Mong Nai.

Francesco aveva un anno quando fu colpito da una forma grave di diarrea. Lo riempimmo di medicinali ma senza effetto e le condizioni del bimbo peggioravano sempre più. Una notte si era tanto aggravato che pensammo fosse alla fine- Chiamammo il sacerdote perché lo benedicesse, perchè noi non potevamo fare più nulla. Ad un tratto mi ricordai della reliquia di fratel Felice e misi un pezzetto di quella stoffa al collo del bimbo. Dopo un’ora il bimbo apre gli occhi e si guarda in giro. Era molto sudato ma sorrideva. E da quel momento fu guarito. Una suora della missione di Mong Nai.

Un abitante di Lo U Kunthà era da tempo ammalato, incapace di alzarsi da letto. Nel 1993, nella festa di Nostra Signora di Geroblao a Pekhong, la moglie venne da padre Tin e chiese una reliquia di fratel Felice. Il padre disse alla donna di far sì che il marito prendesse la reliquia con fede, pregando Felice che intercedesse per lui. Dopo un po’ di tempo la donna ritornò dal padre dicendogli che il marito era perfettamente guarito.  Padre Angelo Tin.

Comunicazione all’Istituto PIME di Milano
E così, caro padre Mauro, anche il nostro amato fratel Felice ci lasciò il 23 marzo 1991, alla 9,40 del mattino. Spirò placidamente come una candela che si consuma…. Sono 48 ore che è spirato ed è ancora intatto come fosse morto adesso. Nessun segno di decomposizione. E sì che siamo sopra i 27 gradi centigradi… Sarà sepolto domani a Paya Phyu, come da suo desiderio…. Mons. G. B. Gobbato,  Taunggyi,  25 marzo 1991.

(Tutto questo materiale si trova negli ultimi tre capitoli della biografia di Fratel Felice, “Il santo col martello” (Emi, 2000,  pagg.240), che ho stampato per l’inizio della sua Causa di beatificazione – padre Piero Gheddo).

Birmania: un protettorato cinese?

La Birmania è scomparsa dalla stampa italiana ed internazionale. Nell’estate 2007, in occasione della “rivolta dei bonzi”, era alla ribalta dell’attenzione mondiale. Si moltiplicavano manifestazioni e proteste, l’Onu e l’Unione Europea mandavano i loro messaggeri per esprimere al governo militare la ferma condanna del loro modo di agire. Oggi silenzio assoluto, ma la situazione all’interno di quel grande paese va peggiorando. Il governo segue due chiare linee politiche: primo, è ormai praticamente un protettorato cinese, satellite della Cina in campo internazionale e invaso dai cinesi e dai loro prodotti; secondo, sul piano interno si segnalano massicce campagne di “birmanizzazione” del popolo di Myanmar. La Birmania, estesa due volte l’Italia con 47 milioni di abitanti, è abitata dai birmani (circa il 60% del totale) e da varie etnie per il 40%: karen (9,5%), shan (6,5), chin (2,5), mon (2,3), kachin (1,5), arakan e altre etnie aborigene (21,8%). La religione maggioritaria è il buddhismo (89,4%), seguono i cristiani (4,9), i musulmani (3,8) e poi indù e appartenenti a religioni animiste tradizionali.

Il governo vuole unire il popolo nell’unica lingua nazionale birmana e nel buddhismo. Da varie parti del paese giungono notizie che le lingue delle etnie minoritarie non sono più insegnate e i militari distruggono i resti di antichi regni e culture. Ad esempio, a Kengtung hanno distrutto tutti i segni della cultura shan, compreso il palazzo reale del saboà di Kengtung che era il ricordo più prezioso e visibile del passato pre-coloniale. Nello stato dei “chin” ai confini con l’India, con mezzo milione di abitanti al 90% cristiani (protestanti o cattolici) e il resto animisti, i militari hanno distrutto le grandi croci che i chin avevano eretto sulle cime dei monti, le edicole religiose ai crocevia di alcune strade, altri segni cristiani all’entrata dei villaggi. Il popolo è obbligato a costruire grandi statue di Buddha e templi buddhisti, in una regione dove i buddhisti sono pochissimi e non chin, ma birmani, cioè stranieri in quella regione. Le Chiese cristiane, nello stato chin, sono oggi veramente perseguitate. I cristiani sono obbligati a versare una tassa annuale per sostenere il buddhismo e, se si convertono, ottengono privilegi: tra l’altro l’esenzione dai lavori forzati a servizio dell’esercito. Le Bibbie sono vietate, permesse le liturgie domenicali, spesso disturbate o interrotte, ma proibite tutte le altre riunioni di cristiani. Molti bambini cristiani sono portati lontano dalle famiglie e internati in monasteri buddisti.

Non si può però parlare di persecuzione anti-cristiana in tutta la Birmania, in quanto le campagne di birmanizzazione sembrano svolgersi in modo sistematico in alcune regioni e non in altre, forse per una strategia che si sviluppa in modo graduale. Ad esempio, in un altro stato federato di Myanmar a maggioranza cristiana (cattolica), il Kayah con poco più di 200.000 abitanti di etnia karen (o cariana), vi è libertà religiosa, anche se molto limitata e il popolo deve costruite templi buddhisti e statue di Buddha, dove non sarebbero necessari. Tra i cariani è ancora attiva la guerriglia anti-birmana.

Negli stati “shan” (Kengtung e Taunggyi) non c’è persecuzione, ma solo un’invasione di militari che obbligano tutti a parlare birmano, non si insegnano più le lingue locali, requisiscono gli uomini obbligandoli al lavoro forzato a servizio dell’esercito, distruggono i segni delle antiche culture, anche di quella degli shan che sono buddhisti. I quali fuggono in Thailandia e dicono chiaramente di essere legati all’esercito di liberazione del popolo shan dal potere birmano. Tutto attorno a Kengtung hanno messo accampamenti militari e nel cimitero cattolico sull’alto di una collina che domina la città hanno asportato le grandi croci di ferro che c’erano sulle tombe dei missionari italiani, con la scusa di aver bisogno di quel ferro. Ma in pratica, dal gennaio 2009 il cimitero cattolico non è più frequentabile né usabile. Diversa la situazione nelle sette “regioni speciali” ai confini con la Cina, che in pratica stanno diventando regioni cinesi, lingua cinese, lavoratori cinesi, strade ed edifici nuovi, modernizzazione dell’agricoltura e piena libertà religiosa. A Monglar, nella regione degli “akhà”, hanno costruito una seconda grande chiesa, un fatto che non sarebbe più possibile nella Birmania vera e propria.

Un monaco buddhista ha rilasciato un’intervista ad “Asia News” nella quale si legge: “La giunta militare schiaccia ogni dissidente, tiene in carcere migliaia di prigionieri politici e impone severe restrizioni alle libertà di parola, religione e assemblea. Nel nostro paese le risorse naturali abbondano eppure gran parte della popolazione vive nella povertà. Nei villaggi il servizio sanitario versa in condizioni disastrose. C’è un alto livello di malnutrizione, ci sono pochissime ostetriche. La gente delle zone rurali patiscono gravi problemi di salute a causa delle condizioni di povertà in cui vivono, la mancanza di servizi sanitari adeguati. Queste gravi carenze si vedono soprattutto nelle regioni abitate dalle minoranze etniche dove i continui trasferimenti forzati e la scomparsa degli uomini costringono le donne a prendersi cura in toto dei loro figli. Le percentuali di mortalità tra le madri è molto alta. Gli insegnanti nelle aree rurali scarseggiano e anche il livello di formazione è molto basso, per cui molti giovani non sono in grado di trovarsi un lavoro decente e sostenersi economicamente”.

Piero Gheddo