Padre Silvano Zoccarato, dopo più di trent’anni di missione nel Nord Camerun, è stato mandato dal Pime (con altri due confratelli), per rispondere all’invito del vescovo di Laghouat-Ghardaia nel deserto del Sahara, mons. Clude Rault dei Padri Bianchi. Dal 2006 è titolare della comunità cristiana a Touggourt. La sua parrocchia è la più estesa del mondo, circa due milioni di kmq. Ecco una sua “cartolina dell’Algeria”.
Piero Gheddo
Quali sono i semi del Verbo che il Concilio riconosce presenti nelle varie religioni e culture? Giovanni Paolo II ad Assisi li ha ricordati e ne ha precisato uno, quello della preghiera: “Tra questi semi del Verbo e i raggi della sua verità si trova senz’altro la preghiera, spesso accompagnata dal digiuno, da altre penitenze e dal pellegrinaggio ai luoghi sacri, circondati di grande venerazione”.
Anche il card. Martini scrive: “Questi accenti di fede e di profonda umanità, ampiamente diffusi nei testi sacri delle religioni del mondo, possono farci pensare a quel “libro dei popoli” di cui parla la Bibbia (cfr. Salmo 87,6): un libro celeste, nel quale Dio stesso scrive, ma le cui pagine trovano riferimento anche nei libri dei popoli del mondo”.
Nella mia vita di missionario, prima nel Nord Camerun e adesso in Algeria, a contatto con tanta gente di culture e religioni diverse, me lo sono chiesto continuamente e me lo chiedo ancora.
Il primo che ho trovato ovunque è il senso di Dio. Ricordo l’emozione avuta dopo aver accompagnato a casa un camerunese che ritornava da sua madre dopo anni di vita in Gabon. Nel totale silenzio, la madre si stende a terra, e alza per tre volte le mani verso cielo, pregando e ringraziando Dio.
Come il padre del bambino appena nato che secondo la sua tradizione, per tre giorni, mattina, mezzogiorno e sera si reca su un’altura e presenta il bimbo al cielo. O la gente che in momenti forti come trovando l’acqua, o dopo un fulmine, o alla nascita di un figlio, grida: “Bosa, bosa, bosa” per dire: “Sei tu che fai, sei tu”.
Il senso della presenza e dell’azione del trascendente accompagna e riempie ancora tutta l’esistenza di molti popoli e questo diventa una testimonianza. Benedetto XVI dice con coraggio: “Le religioni del mondo, per quanto si può vedere, hanno sempre saputo, che in realtà, non c’è che un solo Dio”.
Il secondo è il senso della vita che esplode in danze frenetiche nelle feste del matrimonio, della nascita e perfino nella “festa della morte”. Molti popoli soffrono ancora per la povertà, le calamità, e le ingiustizie, ma continuano a credere nella forza e nella gioia della vita. Davanti a certe mamme, mi chiedo dove trovino ancora la pazienza e la fiducia.
Il terzo è il senso dell’altro vissuto nell’ospitalità abrahamitica e nella condivisione con l’altro. Si sa che sono i poveri che condividono e tutti possiamo raccontare esempi di aiuto tra vicini e tra parenti anche in situazioni di grave disagio. Io lo vedo continuamente nella mia gente.
E’ vero che tutto è avvenuto e avviene soprattutto tra gente di religioni e culture che qualcuno definisce come primitive. Sta di fatto che questi sono i “sensi” essenziali che hanno permesso a loro di vivere.
Se si riflette bene, potremmo definire questi tre segni con le categorie a noi familiari di Virtù della fede, della speranza e della carità. Questi semi del Verbo, col tempo, o si seccano o si sviluppano. Si seccano quando l’uomo non sente più il bisogno di Dio e dell’ Altro. Si sviluppano quando l’uomo riconosce i suoi valori vitali e li mantiene vivi. Si deteriorano quando un gruppo etnico vive isolato, come in prigione di se stesso o dentro una bolla, preoccupato solo di difendersi. E allora vanno rivitalizzati, purificati, aperti…
Giovanni Paolo II ha detto che in ogni preghiera autentica lo Spirito Santo prega. Dobbiamo credere che lo Spirito stia fecondando quei semi e stia facendo crescere anche in loro l’albero, sì, l’albero della croce di Gesù, l’unico che ha espresso ed esprime pienamente, ancora, fede, speranza e carità.
Padre Silvano Zoccarato
Missionario del Pime in Algeria
Ho letto con interesse la lettera di padre Silvano: la presenza di Dio nell’uomo, nella storia e nelle culture.
Ne ho parlato con mia figlia (22 anni) – che si dichiara non credente – e mi ha risposto così:
“Dio è la creazione di una figura consolatoria quando le altre figure consolatorie (il padre, la logica) scompaiono. Nel momento in cui l’uomo perde le sue certezze ha bisogno di credere in una entità superiore onnipotente alla quale demandare le proprie responsabilità e alla quale rivolgersi nei momenti di disperazione.
Ciò che distingue l’uomo dall’animale è la facoltà di pensare a se stesso, di interrogarsi sulla propria esistenza (cosa che, comunque, non tutti gli uomini arrivano a fare); quando l’intelletto non riesce a trovare la risposta a questa domanda, la soluzione è trovare un FETICCIO che ricopra il ruolo che ha il padre nell’infanzia (il padre è colui che SPIEGA al figlio il mondo e come muoversi al suo interno) I popoli cosiddetti primitivi, per manifesta mancanza di stimoli allo sviluppo intellettivo, si fermano alla creazione di tale “surrogato di padre” e calmano le proprie ansie.
Quegli uomini che invence non riescono a trovare soddisfaciente la cosidetta “spiegazione mistica”, arrivano a fare il passo successivo al “pensare sè stessi” ovvero “pensare il proprio pensiero”, domandarsi le ragioni della propria esistenza.
È fin troppo semplice chiedersi “perchè sono qui?” e rispondersi “perchè lo ha voluto Dio”; la domanda successiva, a questo punto, è : “Perchè Dio ha voluto così?” di solito qui interviene ciò che viene comunemente chiamato FEDE e che parecchi uomini non trovano sufficiente.
Mano a mano che le facoltà intellettive dell’uomo si sviluppano, ci sarà sempre una domanda successiva. Non è detto che una risposta esista.
Esiste una risposta?
Per me io sono qui perchè Dio mi ha pensato dall’eternità e mi ha creata nel tempo per amore nel Suo Figlio morto e risorto, e ritengo che la mia vita, proprio per questo, è bellissima, nonostante tutto
ciao
Cara Riccarda,
per rispondere a tua figlia ci vorrebbe un volume e l’ho già scritto: Piero Gheddo – “La tentazione di credere” (Piemme 1999, pagg. 174). Molto in breve:
1) L’esistenza di Dio spiega la nascita del mondo in cui viviamo e spiega l’uomo, la cui complessità e perfezione la scienza non è ancora riuscita a capire. Il famoso “big bang” di quelli che sanno cosa dire rimanda ad un’altra domanda senza risposta: e prima del big bang, cosa c’era e chi l’ha creato? Noi rispondiamo: solo Dio poteva creare tuto dal nulla e con la perfezione quasi infinità di animali, piante, uomo, pianeti, ecc. Chi non rede in Dio cosa dice?
2) L’uomo sperimenta che da solo non basta a se stesso. Tutti abbiamo bisogno sempre degli altri e a volte ci rivolgiamo al Creatore e Padre perchè ci aiuti. Chi non crede, nelle situazioni estreme, a chi si rivolge? Si dispera e magari si suicida. Quante volte ho visto morenti morire col sorriso sulle labbra, una morte serena, direi anche gioiosa, perchè noi sappiamo che il Padre di attende a braccia aperte. Qualche giorno fa una signora abbastanza giovane (sui 50 anni) che ha trovato la fede mi diceva: “Mia madre ha 82 anni e non crede in nulla. Non capisce la sofferenza e non capisce la morte. E’ diventata cattiva, arrabbiata con tutti. La famiglia può mantenerla bene, le ha messo una badante vicina, ne abbiamo già cambiate due perchè non resistono con lei, mai contenta”. MI ricordo che una volta ho detto all’amico Giorgio Torelli, grande amico giornalista e grande cattolico: “Giorgio, e se dopo la morte tu scoprissi che nell’al di là non c’è nulla, cosa diresti?. Mi ha risposto: “Non importa, è stato bello lo stesso”.
3) Un altro amico Vittorio Messori dice sempre: “La fede è misteriosa ed è un dono di Dki, che dà a chi lo prega e umilmente chiede questa grazia. Razionalmente esistono tante prove per credere e altrettante per non credere”. Per forza aggiungo io, la fede non è un prodotto della nostra intelligenza, ma viene da Dio altrimenti non sarebbe più fede, che vuoldire fidicia, fidarsi di Dio! Indro Montanelli,c he hoi conosciuto bene perchè collaboravo col suo “Il Giornale” per una decina d’anni, quando compì gli 80 anni mi disse: “Piero, non dirmi che sono fortunato, perchè tra me e te il fortunato sei tu che hai la fede e sempre sempre contento e sorridente. Io non ce l’ho e soffro di depressioni e di insonnia. Compio 80 anni e tutti mi lodano, ma io penso: fra qualche a)nno morirò e cosa resterà di me? Forse un museo, una statua, tanti libri e medaglie, ma non me importerà più niente, non so nemmeno dove andrò a finire. Non ho ancora capito perchè vivo, cos’è la vita? Tu l’hai capito e sei fortunato”.
La fede non si dimostra, ma si vive e noi credenti dovremmo dare esempio di come si vive bene con la fede e come si muore sereni e contenti di andare in Paradiso. Nelle missioni, le conversioni a Cristo non vengono dalla predicazione dei missionari, ma vengono dalla vita delle comunità e famiglie cristiane: tutti vedono che vivono meglio di quelle rimaste nel paganesimo (rispetto della donna, senso del bene comune, capacità di perdonare e di sacrificarsi per gli altri, amore e aiuto ai più poveri, ecc.). Cara Riccarda, se dovessi raccontare esempio concreti di quanto dico jun libro non basterebbe più. Infatti ne ho scritti molti, dà a tua figlia la biografia di padre Clemente Vismara o quella appena uscita di Augusto Colombo.Di esempi ce ne sono tanti. Ciao e grazie, tuo padre Piero Gheddo