Dov’è finito l’ideale missionario ad gentes?

La Fesmi (Federazione stampa missionaria italiana), che unisce una cinquantina di riviste di vari istituti, enti e ong missionari, convoca all’”Arena di Pace” di Verona una “giornata di resistenza e liberazione”, con questa precisazione: “La resistenza oggi si chiama nonviolenza. La liberazione si chiama disarmo”. Tutto bene, una manifestazione per la pace può attirare molti giovani e persone di buona volontà, una giornata o serata passata assieme a riflettere sul tema della pace è educativa del nostro popolo e va accolta e appoggiata cordialmente.

Peccato che, dato che chi promuove la manifestazione rappresenta gli istituti e la stampa missionaria ad gentes, l’ideale evangelico della pace finisca subito per essere politicizzato. Gesù ha detto: “Vi lascio la mia pace, vi do la mia pace. La pace che io vi do, non è come quella che dà il mondo” (Giov. 14, 27); “La pace è un dono di Dio”, scriveva Giovanni XXIII nella “Pacem in Terris” e hanno ripetuto molte volte i Papi nei messaggi annuali per la pace nel mondo.

Il titolo del manifesto di Verona dice: “Arena di Pace e Disarmo” e l’immagine mostra il bianco fiore della pace che nasce da una bomba spezzata. Messaggio: aboliamo le bombe e avremo la pace. Nell’articolo che spiega la manifestazione si legge: “L’Italia ripudia la guerra, ma noi continuiamo ad armarci. Crescono le spese militari, si costruiscono nuovi strumenti bellici. Il nostro Paese, in piena crisi economica e sociale, cade a picco in tutti gli indicatori europei e internazionali di benessere e di civiltà, ma continua ad essere tra le prime 10 potenze militari del pianeta… Ne sono un esempio i nuovi 90 cacciabombardieri F35, il cui costo di acquisto si attesta sui 14 miliardi di euro… Per immaginare e costruire già oggi un futuro migliore è indispensabile, urgente, una politica di disarmo… Per questo proponiamo la convocazione di una iniziativa nonviolenta nazionale…”.

Viviamo in un tempo di secolarizzazione, che tende a ridurre la fede e la vita cristiana ad un hobby privato, di cui non è bene parlare in pubblico. Noi missionari, le riviste e gli organismi di laicato missionario, mezzo secolo fa facevamo manifestazioni e campagne nazionali per diffondere l’ideale missionario e suscitare vocazioni per la “missione alle genti”: testimoniare e annunziare Gesù Cristo ai non cristiani, convinti ed entusiasti della nostra vocazione missionaria.

Poi, a poco a poco, non siamo stati capaci di andare contro-corrente, ma ci siamo lasciati portare dalla cultura dominante, appunto la secolarizzazione e il relativismo. Abbiamo rinchiuso il nostro carisma e il nostro ideale nei conventi, nelle chiese e sacrestie; e uscendo per scrivere, parlare, manifestare, animare, abbiamo incominciato a fare le campagne contro le armi, contro il debito estero, contro le multinazionali, contro i farmaci contraffatti, contro l’acqua pubblica…

Nulla di male, naturalmente, sono obiettivi condivisibili, ma con due contro-indicazioni:

1) Noi missionari ci siamo politicizzati, abbiamo seguito associazioni, giornali e partiti che hanno ispirazione e scopi di natura ideologico-politica, che naturalmente ci strumentalizzano;

2) Negli istituti missionari, lo scopo primario di sacerdoti, fratelli e suore trattenuti in Italia nelle varie sedi dei loro istituti, consiste fra l’altro nell’animazione e stampa missionaria, cioè trasmettere il nostro carisma ad gentes e suscitare entusiasmo per la missione alle genti, in modo che, con l’aiuto di Dio, nascano vocazioni missionarie. Il beato padre Paolo Manna, scriveva: “Se la stampa missionaria non produce vocazioni missionarie non serve allo scopo prioritario per cui viene pubblicata”.

Temo che oggi in Italia l’immagine mediatica del missionario si sia molto svaporata e le campagne per il disarmo (come altre per temi simili) non aiutino raggiungere quello scopo. La domenica di un anno fa circa, in Piazza San Pietro, durante l’Angelus del Papa un gruppetto di preti e suore sventolavano questo striscione: “Noi missionari vogliamo l’acqua pubblica”; due anni fa in una città della Lombardia, alla Veglia della Giornata missionaria mondiale i gruppi missionari parrocchiali hanno fatto un sit-in di protesta davanti ad una fabbrica di armi e poi un corteo fino alla piazza comunale, con discorsi di esperti sulle spese militari e la richiesta di chiudere la fabbrica di armi cittadina.

Ripeto, richieste condivisibili, ma noi anziani coltiviamo spesso dei sogni. Il mio sogno è che un giorno i missionari organizzino una serata di riflessione e di preghiera, magari anche all’Arena di Verona, con questo logo: “Cristo è la nostra Pace” (Efesini 2, 14); con testimoni che intervengono su questo tema e spieghino perché e come Cristo porta la pace all’uomo e al mondo. Verrebbero in pochi? Assolutamente no, anzi molti direbbero: finalmente i missionari vanno contro corrente e proclamano al mondo la loro fede e la loro esperienza fra i popoli. Una manifestazione non di protesta “contro”, ma una proposta “per”, a tutti gli uomini di buona volontà.

Piero Gheddo

—————————————

Questo è il manifesto dell’iniziativa a cui fa riferimento sopra padre Gheddo

ARENA DI PACE 2014

 La guerra è il suicidio dell’umanità (Papa Francesco)

Solo la nonviolenza ci salverà (Mahatma Gandhi)

 25 aprile 2014, all’Arena di Verona, una giornata di resistenza e liberazione.

 La resistenza oggi si chiama nonviolenza

La liberazione oggi si chiama disarmo

Premessa

L’Italia ripudia la guerra, ma noi continuiamo ad armarci.

Crescono le spese militari, si costruiscono nuovi strumenti bellici.

Il nostro Paese, in piena crisi economica e sociale, cade a picco in tutti gli indicatori europei e internazionali di benessere e di civiltà, ma continua ad essere tra le prime 10 potenze militari del pianeta, nella corsa agli armamenti più dispendiosa della storia.

Ne sono un esempio i nuovi 90 cacciabombardieri F35, il cui costo di acquisto si attesta sui 14 miliardi di euro, mentre l’intero progetto Joint Strike Fighter supererà i 50 miliardi di euro; il nostro paese, inoltre, “ospita” 70 bombe atomiche statunitensi B-61 (20 nella base di Ghedi a Brescia e 50 nella base di Aviano a Pordenone) che si stanno ammodernando, al costo di 10 miliardi di dollari, in testate nucleari adatte al trasporto sugli F-35.

Gli armamenti sono distruttivi quando vengono utilizzati e anche quando sono prodotti, venduti, comprati e accumulati, perché sottraggono enormi risorse al futuro dell’umanità, alla realizzazione dei diritti sociali e civili, garanzia di vera sicurezza per tutti.

Gli armamenti non sono una difesa da ciò che mette a rischio le basi della nostra sopravvivenza e non saranno mai una garanzia per i diritti essenziali della nostra vita – il diritto al lavoro, alla casa e all’istruzione, le protezioni sociali e sanitarie, l’ambiente, l’aria, l’acqua, la legalità e la partecipazione, la convivenza civile e la pace; e inoltre generano fame, impoverimento, miseria, insicurezza perché sempre alla ricerca di nuovi teatri e pretesti di guerra; impediscono la realizzazione di forme civili e nonviolente di prevenzione e gestione dei conflitti che salverebbero vite umane e risorse economiche.

Per immaginare e costruire già oggi un futuro migliore è indispensabile, urgente, una politica di disarmo, partendo da uno stile di vita disarmante.

Proposta

Per questo proponiamo la convocazione di una iniziativa nonviolenta nazionale: un grande raduno, di tutte le persone, le associazioni, i movimenti della pace, della solidarietà, del volontariato, dell’impegno civile, che faccia appello non solo ai politici ma innanzitutto a noi stessi, chiedendo a chi vi parteciperà di assumersi la responsabilità di essere parte del cambiamento che vogliamo vedere nel mondo.

Obiettivo

Scrollarsi dalle spalle illusioni e paure, rimettersi in piedi con il coraggio della responsabilità e della partecipazione per disarmarci e disarmare l’economia, la politica, l’esercito.

 

PACE E DISARMO

Il 25 aprile all’Arena di Verona

“In piedi costruttori di pace” gridava don Tonino Bello, voce profetica della nonviolenza, in Arena a Verona nel 1989 invitando migliaia di donne e uomini di buona volontà riunite nell’anfiteatro ad unirsi contro l’assurdità di ogni guerra, per denunciare che la produzione e il commercio delle armi sono una grossa violenza alla giustizia e un attentato gravissimo alla pace. Nei 25 anni trascorsi da quell’Arena di pace, molto lavoro è stato fatto individualmente e collettivamente per resistere alla logica della guerra e promuovere tante iniziative pacifiche: il movimento per la pace e la nonviolenza è cresciuto, ma molto ancora resta da fare.

Nonostante la crisi l’Italia continua ad essere tra le prime 10 potenze militari del pianeta nella corsa agli armamenti più dispendiosa della storia. Il settore italiano dell’esportazione di armi non conosce austerità. In nome della salvaguardia dei posti di lavoro si continua a tacere sulla produzione di strumenti di morte destinati ad essere venduti a paesi terzi. La portaerei Cavour è un carosello galleggiante che promuove arsenali bellici made in Italy nei porti del Golfo arabico e dell’Africa, aree di particolare tensione e che soffrono di un grave deficit di libertà democratiche.

È criminale e assurdo che montagne di denaro siano investite per strumenti di morte quando vengono sottratte preziose e necessarie risorse per le spese sociali: la scuola, la sanità, i beni culturali, la sicurezza, l’ambiente. Questo denaro potrebbe servire per alleviare le condizioni di oltre 9 milioni di italiani che vivono al di sotto della linea di povertà, di cui quasi cinque milioni sopravvivono in condizioni di povertà assoluta.

Dobbiamo alzarci in piedi per dire ad alta voce che ci opponiamo all’idea che occorre armarsi per garantire la pace, che ripudiamo la guerra e gli strumenti che la rendono possibile, e per dire che la nonviolenza attiva è l’unico modo per sradicare oppressioni e risolvere conflitti.

Vogliamo una politica per il disarmo, che riduca le spese militari a vantaggio di investimenti per la pace. Infatti ciò che ci minaccia oggi non sono eserciti stranieri, ma povertà, disoccupazione, inquinamento, consumo di territorio, variazioni climatiche … e per difenderci da questi nemici ciò che serve non sono armi micidiali e costosissime, ma politiche di solidarietà, servizi sociali, risanamento ambientale; dobbiamo ripensare completamente il concetto di “difesa”, che per la Costituzione è un “sacro dovere di ogni cittadino”; quello di cui abbiamo bisogno non sono missioni militari ma interventi civili di pace; ciò che serve è una difesa civile, non armata, nonviolenta da costruire con risorse sottratte al settore militare: svuotare gli arsenali per riempire i granai.

Per questo abbiamo convocato una iniziativa nonviolenta nazionale: un grande raduno in Arena a Verona il 25 aprile 2014 di tutte le persone, le associazioni, i movimenti della pace, della solidarietà, del volontariato, dell’impegno civile. Tramite questa iniziativa facciamo appello ai politici di sostenere cammini di nonviolenza attiva e a noi stessi innanzitutto, chiedendo a chi vi parteciperà di assumersi la responsabilità di essere parte del cambiamento che vogliamo vedere.

Fesmi
Federazione Stampa Missionaria Italiana

2 pensieri su “Dov’è finito l’ideale missionario ad gentes?

  1. Caro Piero,
    nel tuo breve intervento il nome Gesù Cristo ricorre 2 volte. Invece nel manifesto Fesmi MAI. Nel manifesto Fesmi non compaiono MAI nemmeno le parole Croce, Vangelo, Chiesa e Dio. Questo secondo me è il nucleo del problema.

    Sui tempi e modi per raggiungere il disarmo e la pace tutti, credenti e non, possono avere le loro opinioni. E` anche ovvio che i cristiani non possono non concordare sulla bontà e bellezza dell’ideale di non-violenza e di disarmo. Quello che però non appare nel manifesto Fesmi è il PERCHE`.

    I casi sono due. O tra chi interverrà al raduno ci sarà ALMENO qualcuno che, lasciandosi guidare dal suo Signore, dedicherà ALMENO un quarto d’ora a spiegare PERCHE` un discepolo di Cristo lavora per la pace e il disarmo oppure il raduno non avrà nulla di cristiano. E se non avrà nulla di cristiano perderà l’unica motivazione vera e inossidabile per parlare di pace e non-violenza: io non posso e non devo sparare al fratello proprio perché è mio fratello, perché siamo figli dello stesso Padre e tutti fratelli di un uomo, Gesù Cristo, che pur potendo chiamare in guerra “dodici legioni di angeli” (Matteo 26,53), distruggere in un colpo solo gli Scribi, i Farisei, Pilato ed Erode che lo condannavano alla croce… non l’ha fatto.

    Preghiamo che al raduno ci sia qualcuno che si ricordi, e ricordi agli altri, che Gesù non ha detto soltanto: “amatevi gli uni gli altri” ma: “come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Giovanni 13,34). Se Dio non è mio Padre e Gesù non è mio fratello allora io non ho fratelli, sono orfano e destinato al nulla. Perché mai dovrei occuparmi degli altri?

  2. Caro Paolo,
    scusami se rispondoin ritardo! E grazie di quel che scrivi, mi trovi perfettamente d’accordo. Ma quando un ente rappresentativo dei missionari italiani, come la Fesmi, organizza un’Assemblea per la pace e non nomina nemmeno Gesù Cristo nel lungo articolo di commento e preentazione, io, missionario italiano e penso tantissimi altri come me, non ci troviamo d’accordo.
    Quel che mi ha stupito è il fatto che anche personalmente, Mail e telefonate, non mi ha riposto nessuno di quelli che hanno programmato e organizzato quell’Assemnlea. Insomma, si dialoga con tutti ma non con quelli, fratelli sacerdoti e missonari, che la pensano diversamente da te. Lò dormo tranquillo lo stesso, ma dov’è la trasparenza e lo spirito di dialogo con tutti, che Papa Francesco raccomanda? Grazie ancora e Dio ci benedica tutti, tuo padre Piero Gheddo

I commenti sono chiusi.