Il 4 settembre scorso l’agenzia internazionale Zenith ha dato notizia di una lettera che 50 leaders religiosi e direttori di agenzie che aiutano i paesi poveri hanno inviato al segretario delle Nazioni Unite, nella quale si legge che “la corruzione è la maggior causa di povertà nei paesi in via di sviluppo”. Nel 2003 l’Assemblea generale dell’ONU aveva votato la convenzione contro la corruzione (UNCAC), il primo trattato globale che delinea una linea per armonizzare gli sforzi dei governi contro la corruzione. Nel novembre 2009 è programmato un incontro a Doha (Emirati Arabi) per giungere a conclusioni concrete. (UNCAC è la sigla di “United Nations Convention Against Corruption”, Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione).
E’ interessante il fatto che 50 organizzazioni religiose internazionali presenti nei paesi poveri del mondo, fra le quali la Caritas Internazionale rappresentata dalla sua segretaria signora Lesley-Anne Knight, hanno rivolto un caldo appello ai delegati che lavorano per la UNCAC, affinchè giungano ad un accordo che sia strumento efficace per eliminare la corruzione, definita “la maggior causa di povertà nei paesi in via di sviluppo”. Stupisce che nessuno ha mai protestato o fatto inchieste su un tema così importante.
“Transparency International” (TI) è un’organizzazione internazionale non governativa fondata nel 1993, che svolge inchieste “sulla percezione della corruzione da parte della popolazione nei confronti della pubblica amministrazione del proprio Stato”. Per corruzione si intende “l’abuso di pubblici uffici per il guadagno privato“. Ogni anno TI pubblica il “Corruptions Perceptions Index”. Nel 2007 i paesi più virtuosi (a pari merito) erano Danimarca, Finlandia e Nuova Zelanda, seguiti da Singapore; mentre Iraq, Myanmar (ex Birmania) e Somalia sono agli ultimi posti. L’Italia è al 55° posto, la Spagna al 28°, la Francia al 23°, la Germania al 14°. Agli ultimi posti vi sono tutti paesi dittatoriali o solo apparentemente democratici.
Huguette Labelle, direttore di Transparency International, ha sottolineato come “per arginare la corruzione ci vogliono una stretta sorveglianza dei parlamentari, l’applicazione delle leggi, dei media indipendenti e una società civile viva. Quando queste istituzioni sono deboli, la spirale della corruzione esce fuori controllo con conseguenze terribili per la gente comune, per la giustizia e per l’uguaglianza nella società“.
Nell’inverno 2007-2008 ho visitato il Camerun, uno dei pochi paesi dell’Africa nera che vive in pace, gode di stabilità politica e di un reddito medio pro-capite che è circa il doppio di quello di quasi tutti gli altri paesi dell’Africa nera. Eppure una professoressa italiana che insegna all’Università cattolica dell’Africa centrale a Yaondé Camerun, dove vive da una quindicina d’anni, Silvia Recchi della comunità “Redemptor Hominis”, mi ha detto: “C’è una corruzione a tutti livelli e di dimensioni inimmaginabili in Europa, perché è un fatto che si può osservare tutti i giorni”.
Fratel Ottorino Zanatta, che lavora nel Nord Camerun, mi cita alcuni esempi: “La strada nazionale da Garoua a Maroua, le due principali città del grande Nord camerunese, è lunga 230 km. Ma per percorrerla in pullman ci si mette quasi una giornata intera, tante sono le buche! Sono anni che debbono rifarla e non si muove nulla. Ogni 5-10 chilometri c’è un barrage (posto di blocco) e devi pagare il pedaggio che dovrebbe servire, teoricamente, a mantenere la strada efficiente. Il pedaggio è poco meno di un Euro, poco per un italiano, ma per un camerunese del Nord è tanto. Così il trasporto delle merci agricole costa troppo, tiene alti i prezzi. Nei villaggi non si è incoraggiati a produrre oltre a quello che si consuma sul posto!
“Una ditta francese sta rifacendo da capo questa strada, ma naturalmente ci vogliono anni, però intanto potrebbero, i dipendenti statali, riempire le troppe buche che scassano le balestre e rovinano le gomme di auto e camion! Insomma, una strada di 230 chilometri che in Italia si farebbe in due-tre ore, qui richiede un’intera giornata di viaggio, con spreco enorme di carburante e di ruote gommate.
“Il grande ponte sul fiume di Maroua – continua Ottorino – l’aveva già finanziato qualche anno fa la Comunità Europea, ma non era mai stato costruito. In pochi anni l’ha costruito una ditta francese, mandata e finanziata dal governo di Parigi. Le scuole elementari non sono gratuite come dicono. Bisogna pagare una tassa di entrata che è piccola, ma per famiglie povere con diversi figli diventa già un ostacolo; poi pagare i libri e i quaderni e pagare gli insegnanti perchè spesso lo stato non li paga. Se i maestri non sono pagati, come capita abbastanza spesso, non vanno a scuola oppure ci vanno quando vogliono e i bambini e le famiglie non sono invogliati ad andarci.
“Lo stato non è presente – continua Ottorino Zanatta – per trattenere i giovani nelle campagne, per cui abbiamo campi poco coltivati, spesso abbandonati, città che si gonfiano di baraccati, di ragazzi di strada, di mafie e di bande criminali e si finisce per dover importare il cibo di base dall’estero perché non si produce abbastanza all’interno del paese, dove si potrebbe produrre di tutto”.
Ecco perché le 50 organizzazioni internazionali religiose affermano che la corruzione è la maggior causa di povertà nei paesi in via di sviluppo. Un connazionale che lavora in Camerun per l’import-export italiano mi dice: “Funzionari pubblici, poliziotti, doganieri, militari, chi esercita qualche funzione statale, è raro che faccia il suo dovere senza chiedere nulla per sè. Non è colpa di questo o di quello, perché la mentalità comune della gente e di chi arriva al potere è questa: di pensare prima alla propria grande famiglia, al villaggio natale, alla etnia. Ci sono anche eccezioni, ma talmente poche che non sono significative”.
Cosa fare? Non lo so, ma penso che non parlandone mai sulla stampa occidentale (riviste missionarie comprese), letta da tutte le élites dei paesi poveri, non si fa un buon servizio a quei popoli che si vogliono aiutare. Li si abitua a pensare che loro sono poveri perché noi siamo ricchi”, che invece è una grande menzogna.
Piero Gheddo
I giornali italiani………………… pensano di più all’ultima avventura di Berlusconi vera o falsa che a trattare argomenti di questo genere.
Ho cercato di interessare alcuni giornali nel fare un articolo o un qualche cosa per raccontare queste verità “scomode” (vedi bolg precedenti), ma c’è stato il silenzio assoluto, neanche mi hanno informata che avevano ricevuto.
E’ scomodo ciò che dici, ci mette in discussione, ci fa pensare, anche se poi ci rituffiamo nei nostri gossip che non danno fastidio.
i tuoi articfoli ci interrogano e, sotto sotto, ci sentiamo anche un po’ coinvolti e colpevoli. Chi di noi non si è mai lasciato corrompere? Almeno una volta?
Continua comunque a dire queste cose, a me piacciono e mi fanno agire e pensare.
ciao
riccarda