Leggo su “Avvenire” (25 febbraio) che “gli infermieri sono oro bianco”, non si trovano, le aziende sanitarie se li contendono, sono “ricercatissimi, quasi introvabili”. Il loro numero langue, pochi entrano in questa professione. La Federazione di categoria (Ipasvi) (che conta 350mila iscritti) fa sapere che nelle strutture sanitarie del centro-nord Italia mancano 60.000 infermieri e infermiere, nonostante l’imponente immigrazione di infermieri dall’estero (30.000 sono iscritti all’Ipasvi) non si riesce a tamponare l’alto numero delle uscite dalla professione. Ogni anno, più o meno, si laureano in infermieristica 9.000 giovani ma vanno in pensione oltre 13.000! Da oltre 10 anni ci sono 40 università che danno questa laurea, ma le frequentano un numero troppo basso di giovani! Eppure, continua “Avvenire”, in questa crisi economica, questo è “l’unico settore che non è stato intaccato dalla flessione occupazionale”.
Ricordo che un anno o due fa il giornale di categoria di noi giornalisti (“Tabloid” di Milano) aveva pubblicato una seria indagine in cui si leggeva che ogni anno, i giornali, le radio-televisioni, le case editrici, gli uffici stampa d’Italia e altri enti danno lavoro a un migliaio di giovani giornalisti. Ma nelle facoltà universitarie delle comunicazioni erano iscritti 52.000 giovani e ragazze e ogni anno più di 10.000 si laureavano! Per fare i giornalisti? No, in genere per fare i disoccupati o accontentarsi di qualche collaborazione precaria sottopagata e comunque non sicura.
Fino a quando in Italia non si riesce a correggere queste tendenze suicide della società, delle famiglie e dei giovani, è inutile lamentarsi dei lavori precari e dei disoccupati.
Piero Gheddo